COPpi di scena a Dubai
Ride verde chi ride ultimo, la rassegna di riflessioni, notizie e pensieri comici sulla crisi climatica e ambientale
Ciao! 👋 Questa settimana facciamo un punto su COP28, dove se ne sono già viste di ogni 🇺🇳
C’è questo video in cui un uomo suona stentatamente un trombone. Dall’orizzonte lo raggiungono, caute e curiose, tante mucche scure. L’inquadratura è teatrale, il sottotesto è emotivo, la riuscita grottescamente poetica. I primi giorni di COP28, quelli delle grandi dichiarazioni dei leader del mondo, delle promesse di soldi, fondi e accordi, sembravano essere proprio così. Solo, con le mucche che fanno file di due ore per accedere ai padiglioni e il trombone suonato peggio.
Squillante è stato l’inizio. Al Jaber, nel suo discorso d’apertura, ha annunciato che uno degli obiettivi attesi – e sperati – di questa ventottesima edizione della conferenza sulle sorti dell’umanità era già stato raggiunto: il fondo Loss and Damage, quello delle riparazioni ai danni da eventi estremi subiti da chi non ne è causa, è approvato. Così, de botto, senza spendere nottate di discussioni dentro e fuori dai corridoi. Un primo successo.
Una frenesia magica ha ringalluzzito gli animi e si è diffusa rapidamente nella sala conferenze, tanto da spingere il delegato del Burkina Faso ad alzarsi in piedi sul banco e chiedere a quello del Laos di sposarlo. Con uno dei nodi cruciali di questa COP smarcato al giorno 1, l’asticella si è alzata immediatamente di parecchi centimetri. Sarebbero potute succedere due cose, da lì al 12 dicembre: ci si sarebbe annoiati a morte mentre i tecnici compilano il Global Stocktake (l’altro grande nodo di questa edizione) e ciao tutti ci si vede l’anno prossimo; o avremmo potuto aspettarci tanti nuovi traguardi, sky is the limit, tipo roboanti annunci di ambiziosi impegni climatici, tipo investimenti accelerati nelle fonti di energia pulita, tipo il Laos che dice il fatidico sì.
Oppure.
L’avvio sprint è sembrato sospetto, effettivamente. Ma alla vigilia di questa conferenza, da alcuni documenti recuperati dal Centre for Climate Reporting e riportati dalla BBC era emersa l’esistenza di una fitta agenda di incontri tra gli Emirati Arabi Uniti e le delegazioni degli altri Stati presenti per siglare accordi commerciali su gas e petrolio. E quindi scandalo. Il Paese ospitante come spacciatori in visita in una clinica di recupero con le buste di roba già pesate. Quando gli è stato chiesto conto, Al Jaber ha prima negato, dicendo che non aveva bisogno di COP28 per fare affari, poi ha vigorosamente respinto le accuse: “Se per assurdo stessimo cercando di chiudere affari, che senso avrebbe che fino a giovedì 7 faremo uno sconto del 30% sui primi ordini per ogni nuovo cliente? Andiamo, sarebbe un’offerta da non credere!” Colto il Sultano del Fossile fare quello che fa un sultano del fossile, ecco che quel sbalorditivo successo arrivato in tempo zero ha assunto immediatamente una sfumatura diversa: quella di un vero e proprio di regalino di scuse. Come quelle feste di compleanno a sorpresa che lui organizza per lei, nelle quali lei torna a casa e si urla: “SORPRESA!” ma a farlo sono lui e l’amante. Che si è presentata pure a mani vuote.
“Avevamo deciso che il pacco l’avrebbe messo lui ohohoho”
Invece no, altro che scuse, abbiamo capito proprio male. Al Jaber non stava cercando di farsi perdonare niente. Né di ripulirsi la reputazione. Stava solo mettendo le mani avanti. Perché al quarto giorno di conferenza è emersa un’altra notizia, molto più succulenta, forse la notizia dell’intera COP28, forse di tutte le COP fatte fino a oggi. La notizia che il suo presidente, in barba al lavoro fatto finora dalle Nazioni Unite e dall’IPCC, durante un evento online avvenuto una decina di giorni fa se ne era uscito con la più grande bomba negazionista ci si potesse immaginare:
“Non esiste scienza che dica che sia necessario abbandonare i combustibili fossili per mantenerci sotto il 1.5°C di aumento delle temperature.”
Cosa che, ha aggiunto, “ci riporterebbe nelle caverne.” L’ha detto davvero. Silenzio tra il pubblico. Gli scienziati schiumanti di rabbia. Gli attivisti ammutoliti. I neanderthal, da sempre orgogliosi della loro ospitalità, profondamente offesi.
Ora, forse l’asticella è stata posta decisamente troppo in alto, lui ha sbagliato il Fosbury e ha sbattuto la testa contro il soffitto - altro che sky is the limit, nelle caverne è pieno di stalattiti. O forse il Guardian, che ha per primo riportato la notizia, lo ha citato fuori contesto: magari intendeva dire “non esiste scienza… se tu non sei con me, my sweet sweet baby” che è il ritornello di una canzone molto in voga a Dubai. O forse, foooorse, facevamo bene a diffidare di lui e siamo effettivamente nelle mani del peggior presidente COP immaginabile.
Che COP28 fosse pieno di petrolieri e gassificatori, negazionisti e lobbisti, del resto, lo sapevamo. Sono ben distribuiti tra le decine di migliaia di partecipanti alla conferenza di quest’anno. Un numero enorme, alimentato in tutta probabilità dal biglietto speciale “COP28 + Lucca Comics” frutto della partnership Italia-Emirati. Negli scorsi mesi si era deciso che i rappresentanti degli interessi dei combustibili fossili avrebbero dovuto indossare un badge di riconoscimento quest’anno. Simon Stiell, il segretario della UNFCCC, nel discorso d’avvio dei lavori di giovedì si è rivolto proprio a loro. Quei badge che portate al collo vi rendono responsabili di agire contro i cambiamenti climatici, qui e nei vostri Paesi, ha detto. “E soprattutto ci permetteranno di restituirvi ai vostri proprietari in caso di smarrimento, grazie al comodo numero di telefono inciso dietro.” Stiell, di stanleytucciano carisma, ha anche aggiunto che nel testo finale di COP28 o si segnalerà la fine dell'era fossile come la conosciamo, o daremo il benvenuto al nostro declino decidendo di pagare con la vita delle persone. Standing ovation da parte di tutti, in particolare dai cosplayer e i fumettisti in fondo alla sala. Al Jaber, in quel momento, era scappato un secondo al gabinetto.
C’è un sacco di gente, dicevo, ma ci sono state alcune defezioni rumorose: Joe Biden e Papa Francesco. Biden perché “consumato dalle altre crisi mondiali”, hanno fatto sapere i suoi assistenti - anche se c’è chi l’ha visto giocare a tresette fuori da un bar di Washington. Francesco perché con la salute sta messo peggio di Lazzaro. Biden ha mandato la vicepresidente Kamala Harris, carica di promesse di finanza climatica come nemmeno un postino lappone di lettere a Babbo Natale. Il Santo Padre come suo sostituto ha scelto invece don Pietro, che di clima sa ben poco ma ha due manone grosse così, che nel suo oratorio nessuno sbaglia un segno della croce o un Pater Noster dal 2003.
Per fortuna le dosi di politica e cristianesimo mancanti le ha coperte Giorgia Meloni, un’altra che si è presentata con l’intenzione di sparigliare le carte e sorprendere. E ci è anche riuscita, per un attimo: nel suo discorso ha annunciato che l’Italia metterà 100 milioni nel fondo Loss&Damage, al pari di Germania, Emirati e Francia, cioè più di qualsiasi altra Nazione. Scandalo, sospetto. È la vera Meloni? È tutto un bluff? Il resto del governo lo sa? Sorrideva ieratica, Giorgia, sicura, come chi ha ricevuto in sogno i numeri del SuperEnalotto. E noi anche ci siamo ritrovati a sorridere, un po’ imbarazzati, un po’ incantati, un po’… orgogliosi?
Ma poi, nuovamente, abbiamo capito.
Perché l’Italia e gli altri grandi donatori del fondo sono accumunati da un’amicizia: quella per ADNOC, la compagnia del gas e del petrolio emiratino. Quindi sono i bro di Al Jaber, potremmo dire, sono gli Aljabros, una gang di cui puoi fare parte solo se hai firmato contratti commerciali multimiliardari. E se Al Jaber necessita di qualche impegno preso in pubblico per ripulirsi l’anima, qualche favore si prova a farlo. A che servono gli amici, se no?
“L’unica cosa, Al, te lo dico subito: finché non caricano la pensione di nonna sul BancoPosta, non c’ho una lira.”
Giorgia italiana vera.
Questo episodio è stato scritto a poche ore dalla notizia su Al Jaber negoziatore-negazionista. Immagino che le prossime giornate di COP28, che avrebbero potuto essere tecniche e poco entusiasmanti, saranno decisamente frizzanti. Consiglio di seguirne allora gli sviluppi quotidiani attraverso l’esperienza di chi le sta vivendo:
il bollettino dell’Italian Climate Network per aggiornamenti quotidiani da Jacopo Bencini (l’Hermione Granger delle politiche internazionali sul clima) e team
Areale di Ferdinando Cotugno, che ci racconta, tra le altre cose, di prezzi folli e capitani della Marina che affollano i padiglioni
La prossima puntata di Ride verde chi ride ultimo uscirà a cose fatte, quindi in mezzo alla settimana prossima. Se per allora COP28 avrà ritrovato una parvenza di successo, ci godremo insieme il trombone nella prateria. Altrimenti ci toccherà ripiegare su altri strumenti, tipo i rutti. A mali estremi…
Questo era Ride verde chi ride ultimo!
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Insomma, ci vediamo presto!
Mattia