Il paradosso di Lino Banfi
Ride verde chi ride ultimo, la rassegna di riflessioni, notizie e pensieri comici sulla crisi climatica e ambientale
Ciao! 👋 Questa settimana riflettiamo di parole: dette, non dette, da dire 💬
Ci sono alcuni quesiti che non mi danno pace. Troveremo il modo di superare la battaglia culturale tra profitti e ecologia? Impareremo l’equilibrio dei limiti planetari? Lino Banfi da giovane aveva successo con le donne?
Non li risolverò mai, forse, ma quella cosa del “una parola è troppa e due sono poche” è una cazzo di verità. Questa settimana è iniziata la 78esima Assemblea Generale ONU, che si è svolta in concomitanza con la Climate Week. Proprio per le strade di New York decine di migliaia di persone si sono radunate per manifestare contro i combustibili fossili. Tra loro la rappresentante del Congresso Alexandria Ocasio-Cortez, promettente esponente di una politica conscia della causa climatica. Alla folla ha detto: “Il movimento per il clima deve diventare troppo grande e troppo radicale perché sia ignorato.” “Io ci provo!” ha risposto commossa la muffa sul pezzo di grana che ho in frigo da otto mesi.
Qui a Milano invece c’è la Fashion Week, e da qualche mattina in metro mi becco giovani alternativi dagli sguardi spaventati per il futuro e una disarmante inappetenza. “Attivista? Ecoansia?” chiedo. “Modello, anoressia” rispondono. Ah.
È che siamo in un anno delicatissimo, ecologicamente quanto geopoliticamente, e il mondo avrebbe bisogno davvero del nonno Libero di Un medico in famiglia. Ciò che più ci si avvicina oggi è António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, muezzìn della crisi climatica, vocalist della catastrofe ecologica, cubista del futuro che ci sfugge di mano. Che però ha la bocca cucita dalla regola della diplomazia, quella che impedisce di dire ciò che tutti sanno, che obbliga a passetti lenti, che se sei diplomatico con una Nazione inquinante non ci combinerai mai niente, mai, non vorrai rovinare un così bel rapporto. O almeno così sosteneva Max Pezzali ai tempi in cui frequentava il Palazzo di vetro. Dunque, nei suoi discorsi Guterres (grande fan degli 883) adotta il paradosso di Lino Banfi: una parola è troppa, e due sono poche, lancia attacchi continui ai produttori di combustibili fossili e a chi non si impegna a ridurre le proprie emissioni, senza mai nominarli esplicitamente. Qualche mese fa aveva detto: “La storia sta venendo a prendersi i distruttori del pianeta.” I quali però si erano preparati per la verifica di geografia.
Nemmeno in questi giorni ha fatto nomi, Guterres, come un nonno che non può fare distinzione tra nipoti nonostante tutti sappiano a chi dà 50 euro ogni compleanno e a chi invece compra solo un biscotto gelato.
“Ma nonno, questo è già morsicato!”
“Sì ma non da me”
Quando i planet-wreckers entrano nella sala dell’Assemblea, lui non li saluta. A volte smette di parlare proprio e fa calare un silenzio imbarazzante. Poi scoreggia e indica platealmente verso di loro, scuotendo la testa. Sa essere subdolo, Guterres. Questo mercoledì ha organizzato un Climate Ambition Summit per accendere i riflettori sugli Stati che stanno facendo di più nella lotta alla crisi climatica e, per contrasto, evidenziare con il buio del silenzio chi non fa abbastanza. 100 Paesi avevano chiesto di partecipare, solo 34 hanno potuto prendere parola. Niente microfono per Stati Uniti e Cina, India e Regno Unito. Mentre gli altri godevano di un suntuoso aperitivo a fine Summit, questi hanno ricevuto solo un pacchetto di patatine veg, gusto rabarbaro e pastinaca, e una bottiglia di aranciata sgasata da dividere.
Una parola, al Climate Ambition Summit, l’ha potuta dire il governatore della California Gavin Newsom che ha recentemente annunciato una causa legale contro Exxon Mobil, Shell, BP, ConocoPhillips e Chevron, le grandi sorelle dell’Oil&Gas, insieme all’American Petroleum Institute (la loro associazione industriale). Le grandi artefici della crisi climatica e del suo negazionismo, nientemeno. L’obiettivo è obbligarle a pagare il conto degli eventi estremi resi sempre più intensi e frequenti dal riscaldamento globale. Si parla di miliardi e miliardi di dollari, che andrebbero a formare un fondo per i danni e le perdite che la California dovrà affrontare nei prossimi mesi e anni, più tutti gli eventuali regali di laurea dei prossimi appelli. Se vincerà la causa il “Golden State”, vinceremo tutti: un precedente del genere potrebbe ispirare simili azioni legali ovunque nel mondo, fino a tatuare sull’industria del fossile la responsabilità della crisi che viviamo. Direttamente sulla fronte. E a forma di pene.
Tante parole, invece, sono state spese contro Rishi Sunak, il primo ministro inglese, che in un discorso trafelato ha annunciato che il suo governo farà un mezzo dietro front sugli obiettivi climatici. Ha parlato di posticipare lo stop alle auto a combustione interna, ridurre i target di installazione delle pompe di calore, cancellare le campagne per disincentivare l’aereo e i cibi dannosi come la carne, e quelle per incentivare l’efficientamento energetico delle case, la raccolta differenziata domestica e la mobilità condivisa. È stato un piccolo terremoto nell’opinione pubblica e nel suo stesso partito, nel quale, secondo un rappresentante del governo, i gruppi WhatsApp sono diventati un vero “bagno di sangue”. Soprattutto perché i membri più anziani hanno scoperto come inviare gli sticker.
“Non manderemo in bancarotta i cittadini inglesi” sostiene il governo, una logica di breveterminismo populista e nazionalista che ha già distrutto tante partite di Monopoly tra compagni di Erasmus. Il fatto è che Sunak ha deciso di dare una sterzata a destra alla destra inglese, che non era così ideologicamente schierata contro le policy climatiche come invece succede da noi o negli Stati Uniti - motivo per cui il Regno Unito in questi anni riusciva a presentarsi come climate champion o climate leader, a seconda della copisteria in cui avevano stampato il biglietto da visita. Non si sa se la nuova posizione giocherà a favore di Sunak nelle prossime elezioni, ma sicuramente compromette le credenziali del suo Paese nello scenario internazionale. E compromette gli interessi degli stessi cittadini inglesi, che in un clima che cambia avranno rotta banca, casa e lavoro.
Sunak ricicla quel vecchio adagio di Ronald Reagan per cui il governo non è la soluzione ai problemi, il governo è il problema. Infatti ha detto, parlando di transizione ecologica: “Dovreste essere voi consumatori ha fare la scelta - non il governo a forzarvi a farla.” Quando gli hanno fatto notare di essere lui il governo, Sunak ha esclamato: “Allora smettete subito di ascoltarmi!”
Noi tutti, lui compreso, sappiamo che il mercato vive di trimestre in trimestre, e non di trenta, cinquanta, cento anni; vive per i profitti e non per la salute e sicurezza. Sappiamo che sono i governi e la politica che ci devono salvare. Per questo negli ultimi giorni c’è chi ha chiamato Sunak disonesto, chi cinico, chi criminale, chi Salvatore, ma perché da lontano sembrava proprio lui mi scusi davvero guardi siete due gocce d’acqua scusi ancora. Scienziati e gruppi ecologisti lo hanno chiamato patetico. E Guterres probabilmente, lo chiamerebbe figlio di puttèna. Perché se una parola è troppa e due sono poche, quelle tre, ora come ora, sono più che sufficienti.
Via con la rassegna di notizie lievemente riadattate.
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Svizzera: 1 cittadino su 3 adotta uno stile di vita più sostenibile grazie ai Fridays For Future (La Svolta). Gli altri due adottano direttamente un Fridays For Future.
Erdogan si è lamentato dei colori LGTBQ+ nella sede ONU, ma erano quelli dell’Agenda2030 (Reuters). Gaffe o paranoia? Chiedetelo alle sue guardie del corpo, costrette a sparare in cielo ogni volta che esce un arcobaleno.
Gatti australiani: da sterminatori a sterminati? (La Svolta). Il timore dei cittadini: “Ci stiamo facendo un nemico troppo potente.”
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Questo non è un salmone: quanto è sostenibile l’alternativa vegana stampata in 3D? (Ohga!). Ma soprattutto, quanto limone serve per pulire le cartucce?
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Sudata fredda:
"Superiamo i due referendum, era un nucleare vecchio" (Green&Blue). Le parole del ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, che dice di averne già trovato un modello nuovo su Amazon.
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Questo era Ride verde chi ride ultimo!
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Mattia