Mani nella marmellata
Ride verde chi ride ultimo, la rassegna di riflessioni, notizie e pensieri comici sulla crisi climatica e ambientale.
Ciao👋 A grande richiesta, questa settimana parliamo di ciò che non è stato messo nell’ultimo report di sintesi dell’IPCC.
Tutti hanno quella persona in casa che a volte si dimentica di mettere il sale nell’acqua.
È umano. Ma se poi quella persona ti ferma la mano mentre cerchi di aggiungerlo tu, ecco che è lecito infastidirsi. Non dico tanto da fare a botte, ma almeno lo sputo nel piatto quando glielo servite…
Due settimane fa, l’IPCC ha pubblicato il mega super maxi rapporto di Sintesi sui cambiamenti climatici, il sesto della sua storia, uno di quei lavori che cercano di mettere a sistema tutto, ma proprio tutto, quello che sappiamo su cause, impatti e soluzioni della crisi climatica. Il riassunto di sette anni di ricerche scientifiche condotte globalmente e che per i prossimi anni sarà il punto di riferimento per praticamente ogni scelta politica internazionale. Una guida di sopravvivenza per l’umanità intera, prezioso quanto un giubbotto di salvataggio per la traversata del Mediterraneo o un vocabolario inglese-italiano per un dipendente pubblico.
Il problema, perché un problema c’è, è che prima di pubblicare il report, l’IPCC ha dovuto redigere il sommario con le indicazioni ai policymaker, i legislatori. Per farlo, gli scienziati si sono visti affiancare dai negoziatori delegati dai 195 Paesi firmatari. Coloro cioè che portano in tasca i vested interests, gli interessi economici e politici di ciascuna nazione coinvolta. Interessi che essendo investiti nella società così come (mal)funziona oggi, loro non vorrebbero assolutamente perdere. Non vi dico infatti che casino hanno piantato in aeroporto quando il tipo della security gli ha detto che senza bustina trasparente non potevano portarli a bordo. Questi interessi sono ciò che ha causato l’annacquamento dei punti chiave dal report di sintesi, come stiamo per vedere.
Ma prima, un po’ di contesto: come funziona ‘sta cosa dei report IPCC? Ogni sette anni circa vengono prodotti tre enormi lavori di revisione della letteratura scientifica nell’ambito delle scienze del clima. Uno sulla fisica dei cambiamenti climatici, uno sulle strade per mitigarli, uno sulle maniere di adattarci. Ciascuno è affidato a un working group (WG) di scienziati. Ognuno produce un tomo che può essere lungo dalle centinaia alle migliaia di pagine, a seconda di quanto ricordiamo loro il ragazzino che li bullizzava alle medie. Il tutto viene poi sintetizzato in poche preziose pagine. L’obiettivo di questo summary è informare i decisori politici, i media, gli imprenditori, gli azionisti delle grandi aziende, e la gente che attende il proprio turno dal parrucchiere ma la rivista più recente porta in copertina la bega giudiziaria tra Raffaella Fico e Mario Balotelli del 2012.
È proprio qui, tra la fine del lavoro degli scienziati e la pubblicazione della sintesi, che intervengono i delegati dei singoli Paesi coinvolti. Loro revisionano riga per riga ciò che è scritto nel summary e propongono modifiche a seconda delle agende politiche dei propri governi. Gli autori del report rifiutano tutte le proposte che non rispecchiano la scienza che con tanta cura hanno sistematizzato in sette anni di lavoro, ma accettano i compromessi sulle interpretazioni decisionali. E se è vero che daje e daje la cipolla diventa aje, è altrettanto vero che revisiona e revisiona la sintesi si fa più squacquerona.
E non lo dico io. Quando due anni fa è uscito il lavoro del WGI, dunque la prima parte di questa tornata di report IPCC, i combustibili fossili venivano citati 12 volte in un testo lungo 112 pagine. Il report li indicava inequivocabilmente come causa determinante dell’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera, dunque come colpevole principale del riscaldamento globale. Ma nel relativo summary per i policymaker, lungo 32 pagine, di citazioni neanche una, nemmeno una volta. Nemmeno nei ringraziamenti finali.
Due anni di eventi estremi più tardi, nel report di sintesi appena uscito mantenere questa omissione sarebbe stato semplicemente scandaloso. Dunque le parole “combustibili fossili” adesso appaiono. Fa solo un po’ strano vedere i puntini sulle i a forma di cuoricino.
Come facciamo noi a sapere chi chiede di modificare quelle poche pagine di summary che verranno spulciate dai legislatori (a patto che ci siano abbastanza immagini, meglio ancora se con qualche capezzolo)? Perché ci sono alcune organizzazioni della società civile che vengono invitate a seguire le negoziazioni. Tra queste, l’Earth Negotiations Bulletin è l’unico media. Dove non arrivano i loro occhi, sopperiscono i cari e vecchi leaked documents, i file originali che riescono sempre a finire sull’internet. Cosa che fa arrabbiare i negoziatori, secondo cui leakare i file è una pratica irrispettosa e criminale. Soprattutto se non contengono capezzoli.
Quindi, cosa manca a questo giro? Cosa è stato tolto e cosa modificato?
Il grande assente di questo report è tutto il discorso sull’alimentazione a base animale. La scienza è chiara, la carne è riconosciuta come la singola categoria di cibi con il più grande impatto negativo sull’ambiente. Carne e latticini da soli sono responsabili del 15% delle emissioni globali, nonostante si spostino in monopattino elettrico. E gli autori IPCC volevano infatti includere la raccomandazione per i Paesi più ricchi a sostenere la transizione verso diete il più vegetali possibile. Nel testo originale si arrivava a dire che “diete plant-based nelle regioni che eccedono con il consumo di calorie e cibi di origine animale possono ridurre le emissioni di gas serra del 50%”. Su questo sono intervenuti gli argentini e i brasiliani, interrompendo per altro un’avvincentissima partita di calcetto nel parcheggio. Il segretario per il cambiamento climatico dell’Argentina ha chiesto di rimuovere il paragrafo sulle diete vegetali, quello del Brasile gli ha dato ragione e poi gli ha anche chiesto scusa per il brutto tackle nell’azione precedente. Il testo finale che ora è presente nel report di sintesi si limita a raccomandare “diete bilanciate, salutari e sostenibili che rispettano i bisogni nutrizionali”. Non significa molto e non appare da nessuna parte la parola “carne”. Se però scaricate il report dalla pagina ufficiale del Ministero dell’Ambiente di Brasile e Argentina, trovate in allegato un buono sconto per una asado-night al Roadhouse più vicino.
Come sempre capita a Pasqua, non è solo la dieta ad avere abbandonato la conversazione. La crisi climatica è per metà una questione energetica e una frase inizialmente inserita nel summary riportava che l’elettricità dal fotovoltaico e dall’eolico è ora più economica dell’energia dai combustibili fossili in molte regioni. Prima però che intervenisse l’Arabia Saudita. La frase è diventata: “Mantenere sistemi a forte emissioni può essere, in alcune regioni e settori, più costoso che transitare a sistemi a basse emissioni.” La stessa sottigliezza linguistica è usata nel ristorante sotto casa mia. Quando da bere chiedo l’acqua del rubinetto, il cameriere risponde: “Optare per bevande salutari può, in determinate regioni e settori, essere più adeguato rispetto ad accompagnamenti più rotondi” e finisce per portarmi quattro bocce di Amarone del 78’. Ho sempre pensato avesse un accento spiccatamente toscano, ma forse anche a Riad aspirano le c.
L'Arabia Saudita sostiene che l’IPCC dovrebbe essere “tecnologicamente neutrale” e dunque non dovrebbe condannare a priori i combustibili fossili ma inserire, tra le indicazioni su come mitigare le emissioni di gas serra, le tanto discusse tecnologie di CCS (cattura e stoccaggio del carbonio). Quelle innovazioni che promettono di succhiare CO2 dall’atmosfera, anche se ad oggi non hanno alcuna maturità scalabile e costano troppo per il mercato. In alcuni casi, perfino più del Dyson.
Per lo stesso principio di neutralità tecnologica, i negoziatori hanno poi provato a fare includere anche i tubi pneumatici di Futurama come tecnologia capace di decarbonizzare la mobilità urbana. Per fortuna, i delegati di altre Nazioni si sono messi di traverso, sostenendo che sarebbe stata una provocazione al limite della presa in giro. Alla fine è rimasta solo una veloce menzione alle spade laser di Star Wars.
Le CCS meriterebbero un episodio di Ride verde chi ride ultimo dedicato (anzi fatemi sapere se lo vorreste!) ma il punto è che fare piani credibili sul futuro del pianeta includendola è un po’ come se ora decidessi di prenotare il catering del mio matrimonio con Scarlett Johansson. Non avrebbe assolutamente senso.
Metti che ha un parente celiaco.
Evidentemente è vero che i sauditi sono degli abili negoziatori, e nella versione finale del report le tecnologie CCS appaiono più spesso che le cozze nei menù di Bari vecchia. “Gli scenari per raggiungere emission net-zero di CO2 e dei gas serra includono transitare dai combustibili fossili senza cattura e stoccaggio di carbonio a fonti energetiche a basse o zero emissioni di carbonio, come le rinnovabile o i combustibili fossili con la CCS” si legge.
Vested interests, i tornaconti di una Nazione schifosamente ricca grazie a petrolio schifosissimo. Hanno provato a questionare la frase in cui si esplicitava come le emissioni originate dalle infrastrutture dei combustibili fossili ci porteranno a più di 1.5°C di riscaldamento. Alla fine questa è rimasta, ma con la specificazione che è vera solo se non si aggiunge la cattura del carbonio. Esasperati, alcuni autori dell’IPCC hanno sbottato:
“Diamine, così vale tutto però! Perché non mettiamo che il carbone è da limitare solo se non scende Gesù Cristo a spalarlo con le sue mani, allora?”
“Però aggiungete anche Maometto, per favore.”
A una certa, pur di prendere tempo hanno chiesto che si riscrivesse “andidride carbonica” con lo shwa: anidridə carbonicə per 46 pagine di testo. Il rimpasto linguistico è stato così lungo anche in chiave strategica. L’Earth Negotiations Bulletin ha fatto sapere che molti delegati dei Paesi in via di sviluppo, i più vulnerabili alla crisi climatica, non sono riusciti a cambiare i propri voli e hanno dovuto lasciare i negoziati prima che il lavoro fosse terminato. Come quando ti ritrovi a casa degli amici per programmare le vacanze estive ma devi andartene prima, non essere fisicamente presente ti impedisce di fare valere tutte le tue posizioni. “Ok raga, tanto per l’alloggio siamo tutti d’accordo, sì? È quello che abbiamo visto con il balconcino, confermate?” chiedi con una punta di nervosa agitazione. Tempo che torni a casa e scopri che ne hanno preso un altro.
“Eh no… sai… è che le disponibilità, poi i costi di servizio…”
Torniamo in cucina. Non è che i negoziatori abbiano impedito all’IPCC di aggiungere il sale mancante all’acqua per la pasta: gli hanno proprio rovesciato la pentola bollente sui piedi. Peccato che a cuocere c’erano diverse evidenze scientifiche fondamentali per la transizione ecologica della nostra società. Cosa ci insegna tutto ciò? Che per quanto solido, autorevole e fondamentale sia il lavoro alla base dell’iceberg, è sulla punta che gli interessi in ballo possono, appunto, ballare. Finché è possibile creare confusione e guadagnare del tempo per difendere la distruzione profittevole tuttora in corso, stiamo certi che c’è chi continuerà a farlo. Del resto, non è forse il delegato qatariota quello che sta chiedendo al DJ di mixare elettronica con il liscio romagnolo?
Alcuni scienziati sono rimasti delusi, altri, forse per via della posizione istituzionale, hanno riconosciuto – e forse ormai digerito – l’ambivalenza del report di sintesi per i policymaker. L’italiana Anna Pirani, a capo dell’unità di supporto tecnico per il WGI, ha detto che “non è uscito così come era entrato, ma nemmeno troppo alterato.” Ed è la stessa identica gentilezza con cui ha smarcato l’imbarazzo della camicetta prima bianca poi rosa in lavanderia. Tra scienza e decisioni politiche c’è una disarmonia fatta di posizioni di interesse. Teniamolo sempre a mente. Proprio per questo motivo mangiare nella stessa casa diventa a volte estremamente complesso. Ma ci tocca, sale o non sale.
Comunque stasera me ne vado al ristorante da solo, sappilo.
Via con la rassegna di notizie lievemente riadattate.
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Al Senato la proposta di legge della Lega per introdurre il reato di danneggiamento di beni culturali e paesaggistici (Domani). Guerra agli attivisti di Ultima Generazione. Le aziende inquinanti chiedono per un amico: “Cosa rientrerebbe in danneggiamento ai beni paesaggistici, esattamente?”
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L’Italia è il Paese del Mediterraneo più colpito dalla grandine (Icona Clima). E indovinate chi ha lasciato l’auto parcheggiata in strada.
Polemiche per l'abbattimento di oltre mille bisonti fuori dal parco di Yellowstone (New York Times). “Necessario per limitare il diffondersi tra gli animali della brucellosi” è la motivazione del veterinario locale. Quando gli è stato chiesto di spiegare perché fosse vestito da cacciatore, ha spiegato: “Ho la pelle molto sensibile a causa di un’aggressiva supercazzolite.”
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Cop28: scatta il divieto alla protesta? (La Svolta). “Ormai non mi stupisco di niente” commenta Lukaku.
Sudata fredda:
Rinnovabili, all’Italia 450 milioni di euro dall’UE (La Svolta). Il ministro dell’ambiente Pichetto Fratin commenta: “Sarebbe un peccato gettarli al vento.” L’UE se li riprende.
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Mattia