Mia sorella, Milano a +1,5°C e io
Ride verde chi ride ultimo – Cosa succede quando mischi la città in cui vivi, tua sorella GenZ e il senso di colpa per il clima che cambia?
Ho una sorella.
Sorellastra, da parte di padre.
E se lo specifico è solo su richiesta dei suoi legali.
Io sono nato a 356 ppm di CO2 in atmosfera, lei a 379. Una differenza spaventosa per i soli tredici anni che ci dividono, ma che oggi, che siamo oltre i 421 ppm, quasi non si nota. Anche perché comunque io vesto ancora molto giovanile.
È venuta a trovarmi a Milano per la prima volta da quando mi sono trasferito. Di sabato pomeriggio, in quel margine sempre più striminzito che chiamiamo primavera, un tempo tre mesi buoni, oggi un paio di weekend max prima che anche qui arrivi il caldo del Brasile, coi suoi 62,3 gradi percepiti che nemmeno quando al carnevale di Rio passa il carro delle lasagne. O prima che torni il freddo, dovrei dire, viste le temperature degli ultimi due giorni.
“Ma non te n’eri andato tu, freddo?”
“Ho dimenticato le piume di struzzo e il tanga. Ci vediamo al Sambodromo!”
Mia sorella Giulia è una ragazza diciottenne, il che la rende una testimonial perfetta di quelle future generazioni che qui citiamo spesso; ma anche una turista difficile da accompagnare in giro. Innanzitutto, è vegana. Per etica animale e non per una questione di impatti ambientali, dunque niente strappi alla regola, niente “c’è giusto un po’ di burro”, no. Lei intransigente, le mie considerazioni su impronta idrica ed emissioni del cibo meno apprezzate dei mondeghili vegetariani-non-vegani nel suo piatto. E appunto trovare ristoranti adatti a lei a Milano si è rivelato non certo facile come prendere la metro: ci sono quelli vegetariani-sì-vegani-no e quelli con anche proposte vegane, ma spesso la differenza è sconosciuta perfino ai camerieri. Che tu chiedi se siano sicuri che non ci sia del formaggio nelle crocchette che ti hanno portato, e loro certo, e tu ma a me sembra grana padano questo, e loro: “Apertura porte a destra, doors open on the right” e se ne vanno.
La difficoltà non è stata solo trovare il ristorante in cui pranzare. Cosa potrebbe interessare a una diciottenne vegana a Milano, il sabato pomeriggio? Armandomi della guida La GenZ spiegata ai Millennials con i meme (dagli stessi autori de Il politicamente corretto spiegato a mio padre inutilmente, consigliatissimo) ho pensato di portarla a fare giri per negozietti dell’usato.
“Una versione preistorica di Vinted, vedrai, un tempo ci andavamo a rivendere la pelliccia del mammut dopo la caccia.”
Mi è sembrata una buona proposta, nonostante il fatto che io appena metto piede in un negozio di vestiti vorrei uccidermi. Se sono vintage, poi, lo vorrei fare con un colpo di rivoltella dritto al cuore, che fa tanto romanzo novecentesco — a sentire le commesse però avrei dovuto pagare i capi schizzati di sangue, evidentemente preferiscono la letteratura contemporanea.
Tra carovane di jeans troppo larghi e t-shirt fantasma delle mie elementari, ho provato a sondare la conoscenza di mia sorella sugli impatti della moda e capire cosa pensasse di Shein. Per non fare il pesantone e ricordarle che comunque resto un giovane adulto simpaticissimo, ogni volta che trovava qualcosa che le piaceva intervallavo la mia indagine con un: “Se-cond-énd? Abbastànz! eheheh” finché non mi ha suggerito di andarmene in Francia. Ho pensato che accennasse alla recente decisione di contenere il fenomeno del fast fashion oltralpe. Mi ha spiegato che lì almeno non capirebbero le mie battute.
L’ho portata quindi in Cascina Cuccagna, un’ex-cascina che combatte cemento, smog e capitalismo meneghino con libreria, orti, eventi e altro capitalismo, sì, però con le borse di tela e la coscienza sporca. Dentro la cascina c’era un mercatino di artigianato creativo ma proprio sul marciapiede di fronte, appeso a un lampione, uno striscione di destra per la difesa dell’agricoltura italica contro le vessazioni europee. Mi ha fatto molto sorridere pensare che noi stavamo in uno spazio agricolo vecchio di qualche secolo e rigenerato per creare biodiversità urbana, mentre fuori sventolava il reminder di un governo che ostacola la rigenerazione della natura in Europa. Poi ho visto il prezzo degli orecchini che Giulia stava guardando con interesse, e al posto del sorriso mi è salita la protesta dei trattori.
A un certo punto ha preso a piovere, poi a grandinare e ci siamo riparati sotto ai portici di una banca. Eccoli, i sabato pomeriggio italiani nell’anno delle anomalie: economia circolare, diete plant-based, eventi meteorologici inaspettati e violenti. Spoiler del mondo del 2050 nel migliore dei casi, cioè quello in cui siamo stati capaci di raggiungere la neutralità carbonica e dobbiamo comunque adattarci agli sconvolgimenti climatici accumulati. L’ho detto a Giulia, che mi ha guardato strano.
D’improvviso mi sono sentito in colpa.
Mi ha colto un profondo senso di responsabilità disattesa. Che razza di fratello maggiore sono! Di fratello GenY, a cavallo tra altre due generazioni, una che sarà particolarmente vittima della crisi ecologica come la tua, Giulia, una che è stata particolarmente colpevole come quella di nostro padre. Proprio in mezzo io, privilegiato meno di lui, ma molto più di te, visto che mi ricordo la neve a dicembre e le Bull Boys che si illuminavano senza che nessuno si indignasse per la plastica, per i rifiuti elettronici, per il consumismo pacchiano. Io le ho volute quelle Bull Boys, le ho chieste da bambino, Giulia, e a te non pensavo, né ai tuoi coetanei! Vero, non c’eri, ma poi sei arrivata. E io crescendo non mi sono accorto in tempo della crisi ecologica, non ho spinto con la giusta intensità il nostro comune genitore a cambiare abitudini quando ancora era giovane pure lui, giovane di mezzo come lo sono io ora, più capace di dare gambe e fiato alla presa di coscienza sulla situazione se solo gliel’avessi messa sotto il naso invece che quei miei stupidi disegni di Goku Super Saiyan. E non adesso che ha sessant’anni ed è ancorato al mondo che ricorda come quello dei miei primi dieci, quindici compleanni, e non vede quello che ti aspetta nei tuoi prossimi dieci, quindici compleanni, mezzo cecato come è. Lo so io, lo sai tu che quel mondo non esiste più, come la primavera di tre mesi, come il bel tempo di questo pomeriggio. Avrei dovuto dirglielo quando ancora era facile intervenire. Quando era tutto più semplice, più sottocontrollo, più televisivo. Senza influencer ma comunque con le tutone grigie. Senza trapper, al massimo un DJ Francesco alle feste dell’oratorio. Non l’ho fatto e forse ora è tardi. Mi perdoni, Giulia?
“Boh, ok” ha risposto.
Ecco. Non ho capito nulla. Per l’intera giornata, ho trascinato per Milano non una sorella ma l’idea di una diciottenne che sta ereditando un mondo complesso e difficile. L’ho costretta nel cliché della giovane eco-ansiata, l’ho voluta erede stoica delle brutture ecologiche, in missione per affrontarle, eroina del clima arrabbiata e resiliente, Giulia, la Greta Thunberg della mia famiglia. Che stupido. Boh, ok. Non è rabbia, neanche sfiducia. È che a 18 anni, di sabato pomeriggio, per quel poco di primavera che ti viene concessa, quanto te ne dovrebbe fregare del poi? Niente, nulla, net-zero. E chissene di saperlo, anche. L’importante è poterlo vivere, no? L’importante è viverlo. Comunque sarà, anche fosse second hand.
“Abbastànz!”
Anche io. Alla fine è stato un bel pomeriggio.
🏆A proposito di giovani, giovinastri e giovinotte
Sono aperte le candidature per un contest interessante - una challenge direbbero i coetanei di Giulia. Rivolta a persone under 30 che hanno un progetto di podcast, newsletter, video reportage o social a tema ambientale. Perché under 30? Perché, mie cari coscritti, dai 31 in poi la vita è solo una breve attesa del momento in cui qualcuno di voi mi tradirà. Trovate ogni dettaglio sull’iniziativa qui, si chiama The SOStainables e tanto basta per capire che chi l’ha battezzata sicuramente non ha i requisiti per partecipare.
Amen, ci siete voi. Se pensate di partecipare, fatemelo sapere scrivendomi o commentando questa puntata!
Questo era Ride verde chi ride ultimo!
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Alla prossima settimana!
Mattia