Padre, figlio e uovo di Pasqua
Ride verde chi ride ultimo – Cosa ci dice il weekend lungo di Pasqua sul cibo in questi tempi di crisi ecologica?
Per un ambientalista cattolico, la Pasqua è un periodo ricco di parallelismi.
Non è forse scritto che il terzo giorno Cristo si riciclò?
“Virtuoso è l’uomo che al compostaggio preferisce il riuso,” disse ai suoi discepoli Gesù nella parabola della gerarchia dei rifiuti. E lui infatti da semplice corpo nel Sepolcro ascende al cielo come spirito. Un meraviglioso esempio di upcycling, fatto proprio come Dio comanda.
Tra tutte le festività cristiane, Pasqua è quella le cui tradizioni mettono veramente a dura prova la nostra coscienza ambientale. È la festa in cui le nonne sfornano l’agnello, animale che la sempre più diffusa etica animalista – incoraggiata da nuovi documentari e dalle incessanti repliche di Heidi in TV- rendono immangiabile per via via più persone, anche se quasi nessuna di esse ha l’accento abruzzese. È la festa delle grigliate tra amici, che per coloro che hanno la mia età sono quelle occasioni rituali in cui si scopre chi è diventato vegano e chi invece soltanto genitore. È la festa dell’uovo di cioccolato, il cui sex appeal è da sempre inarrivabile per un qualsiasi pandoro, panettone o colomba, che però quest’anno ha vissuto un momento particolarmente difficile. Con godimento infinito da parte degli altri tre dolci.
La domanda che è rimbalzata ovunque sui social infatti è stata proprio: ma quanto c***o costano le uova di Pasqua? Perché sì, dopo i dodici mesi oltre il +1,5°C di aumento delle temperature medie globali, uno degli effetti che più ha toccato la percezione di tutte e tutti noi è stato l’esorbitante costo del c***o. Nel senso di cacao, però.
Negli ultimi giorni il cacao è arrivato a costare più del rame, che almeno puoi recuperare nei muri di casa dei vicini quando vanno via per il weekend lungo. Questo perché coltivare il cacao è sempre più difficile. L’albero di cacao cresce solo negli ambienti tropicali umidi, con temperature tra i 20 e i 35 gradi, 1200mm di pioggia annua, e meno di due mesi di stagione secca… hai capito il signorino? Con l’aumento delle temperature medie globali dovute alle nostre emissioni di CO2, queste condizioni diventano sempre più rare e instabili. Si prevede infatti che le aree idonee alle coltivazioni di cacao si restringeranno del 20-30% nei prossimi 30 anni.
Meno fave di cacao disponibili, prezzi più alti sugli scaffali. Un assaggio (eheheh) di cosa significa lo stiamo vivendo adesso: nel 2023 le anomalie climatiche amplificate dagli effetti di El Niño hanno colpito duramente i raccolti di cacao in Ghana e in Costa d’Avorio, che da sole producono il 60% di tutto il cacao del mondo. Le condizioni atipiche in queste regioni hanno agevolato gli attacchi di funghi e virus. A questo si aggiunge il calo devastante degli insetti impollinatori, un disastro a cui un piccolo contadino dell’Africa Occidentale può solo provare a rispondere mettendosi a impollinare a mano. Un processo lungo, difficile e che espone alle prese in giro da parte degli altri contadini, perché le strisce gialle e nere ingrassano. Lì d’altronde la body positivity ancora non è arrivata, e nemmeno l’equità economica (👉 lo spiego bene qui)
Tra l’altro, El Niño è un fenomeno climatico che si chiama così perché solitamente arriva a Natale come il Bambinello: allora lo vedete che sia quando nasce sia quando risorge ci vuole far pagare di più il cioccolato? Non mi stupirei se nel presepe 2024 al posto di Baldassarre con l’oro trovassimo Willy Wonka con il poco cacao rimasto.
“Non sarà blasfemia, tutto ciò?”
“No, a nonna, è solo agnello. Mangia che è buono!”
Ormai lo sapete, io sono estremamente critico con la religione. Soprattutto quella cristiana, così unta di contraddizioni. Tipo che mentre una chiesa vecchia di 500 anni si ricopre di pannelli solari a Cambridge, in una di Padova la polizia ha impedito a una giovane attivista di Ultima Generazione di esprimere le proprie preoccupazioni per il clima alla comunità in preghiera. Tipo che nonostante il Papa più ambientalista di sempre predichi frugalità, comunque insistiamo nelle enormi abbuffate festive da cui derivano uno straordinario consumo di proteine animali e enormi sprechi alimentari. Proprio nei giorni in cui è uscito il nuovo Food Waste Index Report 2024 dell’UNEP (qui una lettura in italiano) che rivela come un quinto di tutto il cibo che produciamo nel mondo viene buttato. Di questo, il 60% viene sprecato in casa, e circa la metà è dovuto ai tentativi di emulare le ricette di Max Mariola.
Su questo tema, tuttavia, vorrei spezzare una lancia a favore di Gesù Cristo e non nel suo costato, per una volta — questa newsletter non è un Calvario. A quanto pare, il Re dei re è anche il king delle doggy bag. Presente quell’episodio in cui moltiplicò pani e pesci per sfamare cinquemila persone, sfida più estrema di un’esterna di MasterChef? Ebbene, viene raccontato nel Vangelo di Giovanni che a fine pasto, Gesù chiese ai suoi discepoli: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla se ne perda” e loro ne fecero “dodici ceste”. Risultato? Niente spreco alimentare e schiscetta pronta per tutti gli apostoli, che oggi rientrano a lavoro come tutti noi.
Certo che coi prezzi del cioccolato, Gesù potrebbe iniziare a moltiplicare le uova, invece che pane e pesci. Vuoi mica dirmi che il figlio di Dio si fa problemi per il costo? Tanto si sa che ha le mani bucate...
Questo era Ride verde chi ride ultimo!
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Alla prossima settimana!
Mattia