Prima che ci chiuda la COP
Ride verde chi ride ultimo, la rassegna di riflessioni, notizie e pensieri comici sulla crisi climatica e ambientale
Questa settimana Ride verde chi ride ultimo esce prima. Prima della fine di COP27. Perché tra questa sera e domani ci sarà la puntata finale di un’edizione così controversa, discussa, screditata. Come MasterChef 2, quando vinse l’avvocato e tutti sapevano che col marito stava sempre a cena da Cracco.
Un’edizione, questa di Sharm, vittima di una metonimica condanna di noi tutti all’Egitto, mangiatore di diritti umani. Egitto inteso a sua volta come contenente per il contenuto: odiamo il suo regime militare, mica il Paese tutto, con il suo Nilo, le sue piramidi e i suoi egiziani. Forse i suoi cammelli ci stanno un po’ sulle palle - chiunque abbia mai discusso con un cammello sa che è tutto colpi gobbi e sputi – ma il sentimento si ferma lì. Non odiamo mica Tutankhamon, no?
Anche se saranno millenni che non si fa sentire.
COP27 si concluderà con un testo finale (cover decision) che si spera essere ricco di proposte tecniche relative all’implementazione, alla questione dei danni, delle perdite, della finanza climatica, più che di grandi promesse di riduzione delle emissioni come invece si pretendeva da Glasgow l’anno scorso. Diffidiamo di chi urla allo scandalo per questa mancanza senza riconoscere i passi avanti – come mi è capitato di leggere su vari profili Instagram e perfino in alcune interviste – e ascoltiamo chi i negoziati li vive, analizza e racconta da sempre. Parlo dell’Italian Climate Network, di Ferdinando Cotugno, di gente come Chiara Di Mambro di ECCO che ai microfoni di LifeGate ha detto: “Qui si sta parlando di cambiare il paradigma del nostro modello economico. È una cosa complicata che non va banalizzata.” Insomma, stamo a parlà di complessità, no de sarcicce.
Proprio per questo motivo, della fine di COP27, dei risultati, del senso di sconfitta e delle vittorie su cui brindare, mi impedirò di dare giudizi affrettati. Anzi, vi abbandono sui gradini della porta di chi, certi giudizi, li sa davvero dare. Faccio un prezioso passo indietro, come un suicida che trova un motivo valido per cui non buttarsi di sotto. E quando ci sentiremo la settimana prossima, proveremo a riderci su insieme. Sempre che dietro non ci fossero dei binari.
Mi direte che così non si fa, che non sta bene, che non è bello. Risponderebbe Frassica: “Non è bello ciò che è bello, ma che bello che bello che bello.”
Non fuggo però da vedere insieme a voi gli sviluppi dei giorni di conferenza appena trascorsi. Nel momento in cui scrivo, è uscita una prima bozza della cover decision. È di ben venti pagine, un Guerra e pace climatico in cui ci sono finiti un sacco di temi, molti dei quali ancora sotto negoziazione. L’ambasciatore del Belize, infastidito dal documento, ha detto che “al momento è solo una lunga lista della spesa.” Basta che non si torni a casa dalla COP senza qualche conferma sul loss&damage, senza l’intenzione a ridurre l’uso di tutti i combustibili fossili e di mantenere vivo l’obiettivo del limite del grado e mezzo di aumento delle temperature. E soprattutto, mi raccomando, che non si dimentichino il sale grosso come al solito.
Secondo alcuni osservatori, una bozza tanto ricca significa che non si finiranno i negoziati in tempi rapidi. E meno male che lunedì Shoukry, presidente di COP27, aveva aperto la settimana di negoziazioni con l’annuncio che i lavori si sarebbero chiusi puntuali venerdì pomeriggio. “Cascasse il mondo, io venerdì sera sto a paddle” aveva fatto intendere. “Bruciasse* il mondo” lo aveva corretto subito il capo-delegazione saudita, che si è occupato in prima persona di prenotare il campo.
D’altronde, prendere decisioni non è immediato a causa del fatto che per regolamento della conferenza si trova l’accordo solo tramite il meccanismo “dell’unanimità senza votazione palese.” Tra le votazioni palesi rientra l’annuncio nella formula “I do not agree” detto ad alta voce, ma anche la mano alzata con pollice in giù, lo sfregamento di naso, l’occhiolino, la spalluccia, la doppia bussata sul tavolo, il calcetto al delegato davanti, il triplice fischio con le dita. Viene escluso invece dalle votazioni palesi la tirata del lobo dell’orecchio destro, che resta però valido per chiamare il tre di bastoni.
Un momento che in questi giorni ha riscaldato l’atmosfera, ma in senso climaticamente buono, è stato sicuramente l’arrivo di Lula, il vecchio-nuovo presidente del Brasile. Si è presentato nel giorno della biodiversità ed è stato subito il carnevale di Rio. Gente cantava “Olè olè olè olè, Lula, Lula!” nei corridoi mentre lui con nonchalance dribblava un paio di robusti delegati tedeschi, scartava l’ambasciatore argentino e incantava i diplomatici del blocco G77 con una ginga delle migliori scuole calcio brasiliane. Il suo discorso è stato tosto, emozionale, ricco di speranza. Ha evocato un futuro che pensa ai più vulnerabili, ha rassicurato la scena internazionale che ora il Brasile c’è, e ha chiesto la riforma del sistema di governo mondiale, come a dire che se il mondo è cambiato, ora tocca anche a noi farlo. A riprova di ciò, ha mostrato alla platea di sapere usare gli sticker su WhatsApp meglio di un quattordicenne.
Nota personale: non avevo mai sentito la voce di Lula e mi ha stupito scoprire che parla come la fusione tra il Gabibbo e Juliana Moreira. Con però la esse sibilante.
La settimana ci ha regalato anche alcuni attimi di tensione. Il Ministro dell’Energia, del Clima e dell’Ambiente inglese Zac Goldsmith ha affrontato l’attivista indiana di 11 anni Licypriya Kangujam, che lo aveva fermato per chiedergli quando il Regno Unito avrebbe rilasciato gli attivisti arrestati per le proteste contro le nuove licenze al gas e al petrolio. Lui si è allontanato, lei lo ha inseguito, è intervenuta una segretaria. Insomma, atti di bullismo terribili che non vorremmo proprio vedere. Dannati undicenni…
È tornato l’imbarazzo, quello che settimane fa proclamavo come vero sponsor di COP27, ma a sto giro è 100% made in Italy. L’intervento del nostro ministro (non più) della transizione ecologica Pichetto Fratin è qualcosa di cui vergognarsi. Vi ricordate quando si viaggiava all’estero all’epoca del bunga bunga? Uguale.
Tra le proposte, piccole e grandi, delle potenze europee, noi davvero non aggiungiamo nulla al discorso. Pichetto Fratin si è presentato “spaesato” - ma gentile, secondo molti interlocutori italiani - e soprattutto senza parlare un’acca di inglese. E in inglese l’h non è nemmeno muta, quindi figuriamoci! Come riporta Cotugno su Domani, il ministro non sa nulla di nulla in generale. Nothing of nothing. Già durante il suo primo vertice UE aveva chiesto a Cingolani, suo predecessore e ora badante, di aiutarlo a capire di cosa si stesse parlando. “Roberto, spiegami tutto tu” aveva implorato. Al che Cingolani gli aveva risposto: “Va bene, ma prima mi devi prendere le medicine. E non sputarle come oggi a pranzo altrimenti domani niente Linea Verde.” Una minaccia che se realizzata sarebbe valsa quanto una doppia tragedia diplomatica, visto che a Sharm Pichetto Fratin ha incontrato Kerry, l’inviato speciale USA, che lo ha interrogato sullo stato della crescita delle rinnovabili per ridurre il gas in Italia, e il nostro ministro ha risposto blaterando di bellezze dell'Italia, “con i suoi borghi antichissimi” (sic) “e quindi la difficoltà di trovare l'equilibrio tra le bellezze culturali e le nuove energie.” Avrebbe poi aggiunto, senza l’aiuto dell’interprete: “You see Green Line on TV Rai one, yes? Very very good, c’è food and nétiur, you like it John? Rai one? At mès day every day, yes?”
Menomale che gli USA sono distratti dalla rinnovata amicizia con i cinesi, che indubbiamente, se fosse un vero ritorno di fiamma, significherebbe grandi cose per l’azione climatica. Speriamo regga, perché il sodalizio tra Biden e Xi Jinping ha più alti e bassi di quello tra Franco e Ciccio.
Un tarlo che non riesco a togliermi dalla testa è: chissà cosa pensano gli inservienti che stanno lavorando alla COP di ciò che capita loro attorno. Saranno ricchi di speranze o sfiduciati come quasi tutti coloro che commentano i post a tema COP sui social? Si attardano, mentre cambiano i sacchi dei cestini, per tentare di captare qualche parola di più tra quelle che due delegati si stanno scambiando? È diverso svolgere il proprio lavoro sapendo che lì davanti agli occhi si dipanano le trame del futuro del mondo, o la routine avvolge tutto come sabbia durante una tormenta nel deserto? Carmela, la signora delle pulizie del mio Dipartimento al Politecnico di Milano, spesso mi incontrava solo in ufficio a fine giornata e mi diceva, esausta e amorevole: “Matti’, va’ a casa.”
Chissà se a Sharm c’è un certo Mostafa che ora sta dicendo la stessa cosa a Modiano, l’inviato speciale per il Clima del governo italiano:
“Alessa’, va’ a casa.”
Carmela mi manchi.
(Non è morta, eh, sono io che non passo a salutare gli ex colleghi da un sacco di tempo. Magari per COP28?)
Ma voglio ora farla a voi una domanda
Come avete vissuto COP27 in queste settimane? Se non bazzicate la bolla green sui social, siete stati raggiunti comunque da notizie sulla conferenza? I vostri giornali, TG, baristi di fiducia, vi hanno buttato lì queste informazioni? Se sì, che impressioni vi siete fatti? Rispondetemi qui, in mail o su Instagram, sono estremamente curioso!
Via con la rassegna di notizie lievemente riadattate.
📰 Breaking le news
Onu, la popolazione mondiale supera gli 8 miliardi di persone. Ma 1 su 10 ha fame (Ansa). Dite che ce la faranno a portarci le pizze entro le nove?
L'allarme: spermatozoi in calo in tutto il mondo. Colpa di inquinamento e stili di vita (La Svolta). Panico nel quartier generale Durex.
Il biotopo del Muse a Trento, la "casa" delle specie rare (Repubblica). Tra queste, la biorana, la biolibellula, la biopaperella…
All’università di Barcellona la crisi climatica diventa una materia obbligatoria (LifeGate). Ma se quando si studia una materia si finisce per odiarla, al primo parziale avremo un’intera generazione di studenti negazionisti?
Attivisti lanciano un liquido nero su un capolavoro di Klimt a Vienna (Rai News). Fermati due giovani, arrestata una seppia.
Sudata fredda:
Europa e Asia costringono l’Africa a continuare a estrarre gas e petrolio (LifeGate). Della serie serviamoci a casa loro.
🎞️ Da vedere
Chiudo questa puntata diversamente dal solito per segnalarvi un reportage davvero di valore. Si chiama Whose job is it to save the planet?* e vede protagonista Fiona Harvey, una delle voci più esperte sui temi climatici e corrispondente del Guardian – potremmo dire la “Ferdinando Cotugno del giornalismo inglese.” È stato prodotto prima di COP27 e offre un bel quadro su come ci siamo arrivati e sulle diverse prospettive. Ci ricorda una cosa imprescindibile: l’azione climatica è un percorso, fatto da tutti anche se in modo diverso, costellato di passi falsi e passi avanti. Ed è quindi fondamentale non perdere di vista la consapevolezza che il potere di quel 27 nel nome della COP è essere preceduto da un 26 e seguito da un 28. Dunque, fiato e gambe!
*Per il ministro: in italiano sarebbe “Di chi è il compito di salvare il pianeta?”
Questo era Ride verde chi ride ultimo!
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Mattia
Applausi! da capottarsi dal ridere se non fosse che in realtà è da mani nei capelli...