Un calcio alle vacanze
Ride verde chi ride ultimo, la rassegna di riflessioni, notizie e pensieri comici sulla crisi climatica e ambientale che viene in ferie con te!
State partendo per le vacanze?
Ma con questa crisi climatica? Non avete un cuore?
Lo so, lo so. È quasi metà agosto e non ci va di parlare di siccità, caldo o alluvioni. Vogliamo disintossicarci dalle dolorose notizie sulla crisi climatica. Basta vedere Marmolade nelle granite che si sciolgono! Basta dire: “Mi spalmi un po’ di adattamento sulla schiena, che non ci arrivo?” sotto l’ombrellone! Basta scavare nella sabbia in cerca di petrolio e poi fare causa ai gestori del lido per ecocidio ! Basta costruire castelli di sabbia in riva al mare con davanti dei piccoli MOSE, sempre di sabbia ma costosissimi!
Facciamo che il mondo riprende a finire da settembre? È che quando è agosto è inevitabilmente vacanza. Agosto è il cartello sulla serranda della vita, che esponiamo collettivamente per urlarci l’un l’altra: CHIUSO PER FERIE. E quando siamo in vacanza, il mondo, rimasto fuori, un po’ prova a raggiungerci comunque, ma ci riesce con meno efficacia. Meno notizie, meno attivismo, meno rabbia sui social, meno pandemia. Ombrellone più lettino 20 euro? Meno.
Non che a luglio o a settembre siamo dei draghi a parlare di crisi climatica. Una ricerca dell’Osservatorio di Pavia per Greenpeace ci dice che giornali e televisioni non parlano quasi mai di crisi climatica, e quando lo fanno lo fanno male. In effetti, ad oggi il migliore servizio che io abbia mai visto in TV è stato quando il clima è andato ospite a Domenica In. Un’intervista intensa, Mara Venier ha ripercorso la carriera del clima, le foto di quando aveva ancora i ghiacciai folti e i fiumi belli pienotti, e poi è entrato Achille Lauro e hanno cantato insieme Maledetta primavera e A che ora è la fine del mondo?. Momento di alta divulgazione. Come direbbe la zia Mara: “Ce se emoziona ma ce se deve anche divertì, amore!”
Meno riuscito, invece, l’intervento della crisi climatica ai Soliti Ignoti di Amadeus, dove ha partecipato come parente misterioso della guerra in Ucraina. La signora Palmira, arrivata alla fase finale con ventiquattro mila euro, non l’ha purtroppo riconosciuta. A nulla è valso l’uso del binocolone.
Via con la rassegna di notizie lievemente riadattate.
Breaking le news
Greenpeace mette su internet la mappa degli incendi del pianeta (Ansa2030). Scattata la denuncia per revenge burn.
La pessima estate delle vongole nel delta del Po (ilPost). La siccità ha alterato l'equilibrio delle lagune, e la casa che avevano prenotato su AirBnB si è rivelata un tugurio.
Leoni, in Africa ne restano solo 30.000 (Ansa2030). L’appello delle autorità: “Cacciatori, affrettatevi!”
Alluvione nella Death Valley in California, un evento da “una volta ogni mille anni” (TheGuardian). Se non è culo questo!
Avvistato in Colombia raro colibrì che si pensava estinto dal 2010 (BBC). Catturato dalle telecamere delle TV locali, ha però subito spento gli entusiasmi: “Sono tornato solo a prendere un paio di cose, fate finta che non ci sia”
L’impressionante alluvione a Seul (IlPost). Se non avete ancora visto le immagini, vi aiuto: è proprio come in Parasite, ma senza i quattro Oscar.
Ucraina, McDonald’s pronto a riaprire i ristoranti (Reuters). E altri buoni motivi per rinnegare il pacifismo.
Sudata fredda
Il monopattino finisce in mare? Arriva la startup che rimedia alla maleducazione del biker (StartupItalia). Si chiama Poliziapp.
Futuro stupido
Agosto, il mese delle vacanze stupide. Perché vi ricordate tutta la storia delle partenze intelligenti? Tipo parti prima, viaggia di notte, spostati verso mete segrete, lascia un cuscino sotto il lenzuolo con la registrazione di te che russi così penseranno che tu sia ancora a letto e invece no, sorpresa stronzi, sono già in autostrada. Imbottigliato.
D’altronde la scienza ce lo dice, è il caldo che ci rende stupidi. Più stupidi, perlomeno. E quando si è più stupidi è difficile pensare come si deve, e si finisce per replicare le care e vecchie abitudini anche se ormai il contesto è cambiato, i tempi sono cambiati, e loro sono diventate obsolete. Come chi continua a guardare la Rai sull’1, 2 e 3 invece di guardarsela in HD sul 101,102 e 103.
“Perché non lo guardi in HD?”
“Accaddì?”
“In HD nonna, ehm, più definito… cioè, lo vedi meglio.”
“Ma è sempre l’uno?”
“Sì.”
“Allora lascia qui che c’è la Clerici.”
Chi resta in città assiste ad abitudini obsolete, insensate e, spesso, stupide. Nel mio comune si taglia l’erba anche ora che di erba non ce n’è. Due giorni di melodiosi tentativi di falciature. Lavoratori abbronzati e annoiati che camminavano indifferenti su prati secchi. Uno di loro cavalca un vecchio tagliaerba con la flemma di un nomade del deserto, la maglietta rosa accrocchiata attorno alla testa come una kefiah per ripararsi dal sole. “È che il contratto parla chiaro, capo, dobbiamo uscire due volte in questo mese e due volte ci mandano qui” mi spiega. A fare cosa, chiedo. Ai nostri piedi un pagliericcio secco ci fissa con l’intensità dannata di chi non ha nulla da perdere. Il cavaliere fa spallucce e riprende il trotto. Il contratto parla chiaro, è il suo messaggio definitivo. Vengono presi accordi privi di senso tra parti prive di consapevolezza, e una volta che i patti sono quelli, nessuno si azzarda a rinegoziarli. A noi piace essere sempre un po’ futuristi, evidentemente, e non viene spontaneo guardarci indietro per sistemare dove serve. Quindi mentre la vita scorre come sempre, l’impresa di giardinaggio esce e taglia, come sempre. Non fa una piega. Taglio e piega per altro sono 40 euro, vuoi anche provare un balsamo che mi è appena arrivato? No grazie, c’è da mettersi le mani tra i capelli.
La vista di quel povero giardiniere imbacuccato, perso in giri irregolari e senza meta come quelli di un pensionato che spinge il carrello nel reparto ortofrutta al supermercato, mi ha fatto pensare al futuro con nostalgia. Cosa continueremo a fare, forse per abitudine, forse perché “il contratto parla chiaro”, anche quando non avrà più senso farlo?
Ecco 10 mie previsioni:
Mandrie di vecchietti cammineranno con quelle bacchette da Nordic Walking anche con l’acqua delle alluvioni alle ginocchia, in una nuova disciplina che unisce jogging e pesca con arpione.
Affitteremo case al mare ogni estate e noleggeremo pedalò per raggiungerle.
A dicembre scieremo sull’erba e faremo pupazzi di fango.
A Natale ci scambieremo i costumi da bagno e sorseggeremo glühwein davanti ai falò delle foreste che ardono.
In primavera faremo corone di margheritine, con però cactus e fichi d’India.
Compreremo casse d’acqua in bottiglia sul deep web, pagando in criptovalute non rintracciabili.
Al compimento dei 18 anni regaleremo ai nostri figli il loro primo condizionatore.
Prima di farci la doccia terremo il rubinetto aperto in attesa che esca acqua calda, o anche solo acqua.
Non potremo più piangere lacrime di coccodrillo, per mancanza delle une e degli altri.
Canteremo canzoncine ai bimbi con animali che non esistono più:
“Nella vecchia fattoria, ia-ia-oh, quante bestie ha zio Tobia, ia-ia-oh, c’è la zebra”
“Eh?”
“Zebra”
“Che?”
“Ze-ze-zebra”
“No sul serio, di che parli mamma?”
La società apoclimatica, quella landa di sofferenza e morte e distruzione che ci aspetta nelle prospettive più grame del futuro oltre i 2 gradi di riscaldamento globale, può essere sbirciata con due lenti diverse. La prima è quella dei preppers, che noi potremmo definire survivalisti, persone che preparandosi al tracollo della nostra società come unica possibile conseguenza della crisi climatica stanno già stipando scorte di acqua, sale, patate, tè e Settimane Enigmistiche. La seconda è quella di chi, nel caldo estremo, nelle alluvioni, negli incendi, restano stoici, come scogli che sfidano i flutti del mare, tipo “buttami addosso quello che vuoi che io comunque non cambio”, e loro, ladies and gentlemen, loro ci regaleranno un bene preziosissimo: il grottesco.
Quali saranno altre abitudini che diventeranno ridicole? Fammelo sapere lasciando un commento o rispondendomi alla mail!
Suzzztenibile…veramente
Non ci sono più gli agosti di una volta. Un po’ perché dopo mesi di siccità uno arriva al mare e piove. Cambiamento climatico? No, sfiga - da capire se di origine antropica o meno. Un po’ perché nemmeno scavalliamo il ferragosto che già inizia il campionato di calcio. E qui mi sa che vi dividete: chi sa già tutto e chi non ne vuole sapere niente. Ma aspettate, perché per una volta parlare di calcio è anche parlare di clima.
Il calcio non è immune al clima che cambia. È uno sport che si gioca all’aperto e che se piove troppo, ma troppo troppo, si ferma. E se fa caldo, ma caldo caldo, anche si ferma. Mentre si prevede che un quarto degli stadi dei club inglesi saranno a rischio alluvione, sugli altri continueranno a piovere gli Ultras. Non se ne parla abbastanza, ma gli Ultras sono una categoria a rischio. Il loro organismo è estremamente sensibile al caldo, per questo li vediamo a petto nudo anche quando sono negli anelli più alti di uno stadio polacco, a dicembre. Ma con l’aumento di 2 o 3 gradi delle temperature globali, togliersi la maglietta potrebbe non bastare più. E allora fare le coreografie allo stadio diventerebbe un’esperienza capace di ridefinire i confini tra virile cameratismo e dolce amore di gruppo.
I mondiali di calcio quest’anno si fanno in un posto estremamente caldo, il Qatar. Caldo nel senso di controverso, se consideriamo i piccoli grandi problemi legati al petrolio, la corruzione e la violazione di diritti umani. Ma caldo anche nel senso di temperatura. Di conseguenza le notti magiche di grande tifo estivo si faranno tra novembre e dicembre. A parte noi italiani che dovremo accontentarci della stupida atmosfera natalizia e di tifare contro la Francia, tutti gli altri paesi avranno una chiara idea di cosa significa riadattare il calcio, lo sport in generale, a temperature eccessive.
Comunque, il mondiale a novembre significa che i campionati si anticipano, ed eccoci tornare all’inizio, alla Serie A che inizia questo weekend e la gente ancora in vacanza. “Ma tanto DAZN lo puoi vedere dove vuoi.” Con quello che costa, non posso vederlo proprio da nessuna parte. Il calcio che diventa privilegio dei ricchi è una scusa buona per riaprire il discorso del fondo da 100 miliardi di dollari per i loss&damage.
Qui lo dico: la giustizia climatica passa dal cambio delle tariffe DAZN.
Il calcio è un grande influencer. Muove i popoli, anche quelli più… semplici? Inconsapevoli? Grezzi, forse? Dai, ubriachi andava bene. E quindi ben venga che si provi a sfruttare questo grande catalizzatore di attenzione per promuovere una nuova coscienza sostenibile anche tra i più insospettabili. Ci sono club che sfoggiano nuove divise in bellissima fantasticissima plastica riciclata. Un riciclo estremamente rapido: avete presente che i giocatori spesso aprono le bottigliette d’acqua, se ne versano due sorsi in faccia, sputano quella che malauguratamente entra loro in bocca e infine gettano con un certo disprezzo le bottiglie per terra? Ecco, quello che non sapete è che in ogni stadio c’è un omino che le raccoglie, le porta negli spogliatoi, le infila in un macchinario dal nome Bot-T-Shirt 2000 che le macina macina macina e tra primo e secondo tempo sforna le magliette nuove, con tanto di numero e nome dietro. Economia circolare di livello estremo. Anche se alcuni calciatori faticano ancora ad accettarle: infilano un braccio, la testa, ma subito sputano l’etichetta e le gettano a terra.
Plastica e acqua a parte, il calcio può davvero fare di più per migliorare la propria impronta sulla società. Ripensare ai propri sponsor, migliorare l’efficienza energetica degli stadi, chiedere scusa per quella brutta storia delle vuvuzelas. Esiste un gruppo attivista dal nome Pledgeball che propone una strategia molto intrigante per incentivare l’adozione di scelte a basse emissioni basata sul senso di appartenenza tra tifosi, giocatori e club. Dall’uso del trasporto pubblico per arrivare allo stadio all’installazione di soluzioni sostenibili negli spazi del club. Ci sono squadre come il Reading Football Club che stampano sulle maniche una versione delle Warming stripes del Prof. Ed Hawkins con una striscia di temperatura per ogni anno di vita del club. Altre vorrebbero installare pale eoliche al posto dei portieri, la FIFA ora sta valutando di ritoccare il regolamento.
Alcune squadre se la giocano molto meglio di altre nella lotta al cambiamento climatico. Tra tutte spuntano i Forest Green Rovers, “il club più sostenibile al mondo”, vegano e certificato carbon neutral dalle Nazioni Unite (il primo al mondo). Hanno uno stadio con erba curata senza fertilizzanti chimici ma solo con alghe e buon vecchio lavoro certosino manuae, un’area dedicata alla rinaturalizzazione tutto intorno e menù che offre solo cibo plant-based. Inoltre, tutto ciò che riguarda i consumi energetici del club è soddisfatto da elettricità da fonti rinnovabile. Wow, no? Aspettate di sentire cosa mi hanno svelato alcune mie fonti riguardo il piano per i prossimi anni: vestiranno solo divise second-hand, anche se di diverse squadre; non calpesteranno più l’erba; al posto di pali e traverse metteranno faggi; per ogni coro razzista pianteranno un banano.
Insomma, parlando di calcio e sostenibilità non possiamo fare di tutta l’erba un fascio, come vorrebbero certe destre. La consapevolezza vera deve ancora prendere piede, e prima di vedere le warming stripes sulle maglie di una finale di Champions potrebbe volerci ancora molto. Tuttavia, la Serie A in anticipo è un’occasione per prendere coscienza che il clima che cambia impatta anche il calcio, e di conseguenza le vite di coloro i quali hanno il calcio come unica raison d'être. E ci fa scoprire anche un nuovo potere per pretendere azioni climatiche serie: non più solo come consumatori attivi, non più solo come cittadini partecipativi, ma anche come tifosi consapevoli.
Non vi lascio andare via senza alcuni consigli per quest’estate.
Green tips
Lo sapevi che con con i rifiuti raccolti sulla spiaggia puoi costruirti ombrellone e lettino fai-da-te? Dovrai solo armarti di tanta pazienza e una laurea in architettura.
Lo sponsor della settimana
La puntata di oggi è presentata da:
Denunce Al Vento, l’esperienza che te le manda a dire!
Lo sappiamo, il mondo intorno a te è pieno di insostenibilità. Dal vicino che sbaglia la differenziata alla multinazionale che sparge greenwashing in ogni suo spot pubblicitario, non vorresti fare altro che urlare la tua indignazione al mondo. Perché trattenerti allora? Denunce Al Vento è l’esperienza pensata proprio per te! Situata su una bellissima scogliera fronte mare, la nostra piattaforma ti permetterà di denunciare tutto quello che non funziona con tutta la voce che hai in corpo! Che tu voglia usare la schwa o una bestemmia creativa, con Denunce Al Vento non dovrai porre limite all’immaginazione: urla tutto quello che vuoi, senza conseguenza!
Questo era Ride verde chi ride ultimo! Se ha reso il tuo weekend più piacevole, fammelo sapere rispondendo alla mail o scrivendomi su Instagram. Se sei nuovo qui, iscriviti (è gratis!) e condividilo con amici e parenti, più siamo più ci divertiamo :)
A presto!
Mattia