Un saluto al pianeta, dal cuore
Ride verde chi ride ultimo – Il saluto di Musk, gli ordini esecutivi di Trump, ancora incendi a Los Angeles
Questa settimana sono andato virale su Instagram e TikTok con un video in cui consiglio a Elon Musk alternative a come ringraziare una platea senza sembrare che stia facendo un saluto nazifascista. A suo dire, è stata un’esagerazione di chi è sempre pronto a screditarlo e che voleva semplice dire “my heart goes out to you”, lancio il mio cuore a voi.
“A chi lo lancio, il mio cuore?”
“A noi!”
“A chi il mio cuore?”
“A noi!!”
“A chi il mio cuore?”
“A NOI!!!”
Evidentemente anche lui si è preso bene con la serie M – Figlio del Secolo. Luca Marinelli è Luca Marinelli, del resto. E voi, la state guardando?
❤️Se ti piace questa newsletter, pigia sul cuoricino in fondo alla mail!
📰 BREAKING le NEWS🌍
La prima settimana di Trump II
Tra un saluto romano vedo-non-vedo, una First-for-the-second-time Lady con su un cappello che argina l’invasione delle labbra del marito, una crew di broligarchi che possiedono praticamente il 100% della nostra vita digitale pur non ricordandosi mai la password dello SPID, Trump II non ha perso tempo:
Via gli immigrati dall’economia statunitense, perché è tempo che i true Americans tornino a fare i lavori sottopagati che non vorrebbero fare manco morti
Via le politiche di inclusività, diversità e i gender non binari, che sta arrivando il treno
Via gli USA dall’OMS e dall’Accordo di Parigi, perché queste mode esotiche ci hanno stufato; e via anche ogni informazione circa l’influenza aviaria che sta iniziando a diffondersi, non sia mai che le galline si impressionano e fanno le uova strapazzate
Via i limiti di inquinamento da macchine, case ed elettrodomestici, le pale eoliche dalle coste, gli ombrelloni dalle spiagge.
Via le condanne dai 1600 Mangiamorte che lui stesso aveva aizzato contro il Campidoglio il 6 gennaio 2021, quando aveva non perso le elezioni
Via alle trivellazioni, via all’inquinamento, via al televoto.
Poche ore sono bastate per firmare una quantità enorme di ordini esecutivi voluti per la pancia del Paese e progettati con il culo. Del resto, è il presidente più vecchio insediatosi alla Casa Bianca e gli anni, come le condanne, bussano alla porta. Bianca. Ci sono già battaglie legali su alcuni di questi, e ci sarà resistenza su tutti gli altri. Per l’uscita effettiva dal tentativo più storico dell’umanità di salvarsi le chiappe ci vorrà formalmente un annetto: l’Accordo di Parigi è come la palestra, ormai hai pagato e conviene andarci ogni tanto. Poi gli USA si ritroveranno insieme agli unici altri tre Paesi fuori dall’Accordo, ossia Iran, Libia e Yemen, che almeno ogni tanto vanno a fare pilates. Se la fascia di capitano dell’azione climatica mondiale finirà definitivamente alla Cina, tanti sindaci, governatori e leader civili americani hanno già dichiarato che non getteranno all’aria l’impegno sugli obiettivi net-zero. Dovranno semplicemente continuare a farlo di notte, mentre il presidente dorme. Anche la spinta sulle rinnovabili non si esaurirà, economiche come sono oggi e come sta succedendo in Europa (dove devono solo evitare di travestirsi da lupo a Carnevale), tranne che sull’eolico offshore: si è infine abbattuta qui la spada di Damocle fatta delle bugie che i repubblicani raccontano da anni, terrorizzati da questa fonte di energia pulita come nemmeno io dai vampiri quando ero piccolo. In particolare, la più diffusa dipingeva le pale eoliche in mare come killer di fauna aviaria e marina, ed è già un successo che tra gli ordini esecutivi non ci siano collane di aglio e croci d’argento in dotazione alle balene.
Infine, molti degli sgravi fiscali di Biden sono stati blindati grazie alle manovre del vecchio Joe, ma non basteranno ad impedire che il disco rotto “drill, baby, drill” continui a girare. The Donald ha infatti dichiarato una (fittizia) emergenza nazionale energetica per giustificare la sua intenzione a mungere le risorse di petrolio e gas del sottosuolo nordamericano, una mungitura suicida, da mucca giapponese macchiatasi di disonore. “Drill, baby, drill” e i big dell’Oil&Gas hanno iniziato a salivare, perché ora c’è profumo di extra-extra profitti nell’aria, e anche un po’ di manzo kobe alla piastra. Aria fredda, freddissima di una Washington rosicchiata dal vortice polare, così anomalo e pericoloso da costringere la cerimonia dentro il Campidoglio e non all’esterno, come da prassi. Il tutto mentre a Los Angeles, lo ricordo io perché le bacheche social già lo hanno scordato, ancora ardono roghi, alcuni scoppiati proprio nelle ultime ore, e illuminano perfettamente questo nuovo mondo: il clima incazzato che colpisce senza distinzione, i ricchi che si possono permettere di affittare pompieri privati e ricostruire un po’ più a prova di fiamma, i poveri che semplicemente hanno sbagliato periodo storico in cui vivere e politici in cui credere. E pensare che Biden, prima di lasciare lo Studio Ovale — spero io, fottendosi tutti gli asciugamani — ha chiesto ai suoi fellow Americans di essere “guardiani della fiamma” contro il nuovo corso. Ma se stiamo a guardare il clima che farà nei prossimi quattro anni, verrebbe da pensare che le fiamme saranno le uniche capaci di prendersi cura di se stesse.
🎲 Sosteniquiz!
La domanda della scorsa puntata era: “Dove sono finiti i 32 pannelli solari di Carter?”
Risposta giusta: In Cina, che fa già ridere così
Quei 32 pannelli solari voluti alla Casa Bianca da Jimmy Carter nel 1979 furono rimossi sette anni più tardi da Ronald Reagan, piccolo gesto simbolico del più ampio sforzo per spianare la strada all’industria del fossile e alla nostra schiavitù ai loro profitti (leggetevi Mercanti di Dubbi se volete conoscere un altro presidente *onald nemico di un clima sicuro). Reagan li mise in garage, dietro la cyclette mai usata e appena sotto il set per fare la raclette usato ancora meno. Ma nel 1991, Peter Marbach, che dirigeva il Unity College del Maine (oggi la Unity Environmental University) chiese formalmente al vecchio Carter di poterli acquistare. Metà finirono installati sul tetto dello Unity, l’altra metà messi in un vecchio pollaio e usati come parti di ricambio. Per i pannelli sul tetto, non per le galline. Nel 2010, gli stessi pannelli hanno raggiunto il proprio fine vita e come ogni bravo pensionato, si sono trasferiti: sei di questi sono ancora in bella mostra in alcuni musei (uno addirittura al Solar Science and Technology Museum di Dezhou in Cina!), altri nelle sedi di alcuni dipartimenti e aziende che si occupano di energia, due sono diventati i protagonisti di un documentario sulla transizione energetica che avremmo potuto avere con più Carter e meno Reagan. Si intitola A Road Not Taken e i due pannelli, nonostante il successo modesto del film, si sono montati la testa e non si sono mai più fatti sentire con i vecchi compagni.
👏 Il 61% di voi ha indovinato! Una buon margine, quando si parla di elezioni.
💭 Nella prossima puntata una nuova domanda, non mancate!
🍿 Un pop di clima qua?
In Dune – Parte due si esplora un pianeta desertico abitato dai Fremen, popolo per cui ogni singola goccia di liquido è talmente preziosa che viene raccolta, riciclata e recuperata: rimasugli di borracce dei nemici abbattuti, lacrime, addirittura i cadaveri! Un funerale Fremen è una cerimonia in cui le salme vengono messe sottovuoto e prosciugate con piccole pompette. Fa strano? È perché non siete ancora andati a fare pipì in un bagno Fremen.
Dune non è tecnicamente un film che cita la crisi climatica ma la trasuda. E nel deserto si fa a costo della vita, quindi si meritava una menzione. Soprattutto perché ci ricorda che uno dei motivi per cui dobbiamo lottare come nomadi ribelli è far sì che Dune resti un film di fantascienza, e non un documentario della Sicilia tra qualche anno.
👉E tu hai film, serie TV, romanzi, canzoni che fanno riferimenti gustosi a clima e ambiente? Segnalameli e li proporrò nella prossima puntata!
Ciao, io sono Mattia Iannantuoni e questa è la fine di Ride verde chi ride ultimo, la rassegna di riflessioni, notizie e pensieri comici sulla crisi climatica e ambientale.
Recupera tutte le vecchie puntate su Substack, sono disponibili gratuitamente, e condividile per aiutarmi ad andare avanti!
Vuoi parlare? Commenta questa puntata su Substack o scrivimi a mattindaworld@outlook.it. Mi trovi anche su Instagram!
Alla prossima settimana!
Mattia
Bravo, giusto, siamo inguaiatu