Vacanze ideologiche
Ride verde chi ride ultimo - La nuova Nature Restoration Law ci insegna che chi usa l'espressione "ambientalismo ideologico" mente due volte
“Siamo contro l’ambientalismo ideologico”
è il nuovo
“Non sono razzista, ma…”
Lo scorso weekend sono scappato dalla Pianura Padana, non mi vergono a dirlo. Sono sgusciato tra gente che si affrettava a chiudere la settimana lavorativa come un damerino egoista della prima classe del Titanic e ho raggiunto le scialuppe di salvataggio sui binari di Milano Centrale. Trascinandomi tutte le porte dell’ufficio appresso, non fosse mai che qualche collega volesse sopravviverci sopra. Sono andato in Trentino, in montagna, l’unico luogo in cui un lombardo è vittima della stessa xenofobia che solitamente riserva agli immigrati nordafricani:
“Eccolo, un altro monzese che viene a rubarci l’aria pulita. Ma perché non respirano a casa loro?”
Il Trentino è forse la Regione emblema della natura, in particolare delle vacanze nella natura, tanto che se fosse un film sarebbe un cinepanettone in cui Christian De Sica tradisce la moglie svedese 40 anni più giovane di lui e poi Massimo Boldi viene sbranato da uno sciacallo dorato. Da un punto di vista linguistico, parlare di “natura” è la prova della nostra incapacità di pensare a noi come ecosistema, soprattutto da quando abbiamo messo su quei due o tre chiletti a Natale. La provincia di Trento è poi il caso più italiano di human-wildlife conflict, conflitto uomo-fauna selvatica, un’espressione conseguenza di quella incapacità che ci dice che noi umani, pur facendo parte (troppo inconsapevolmente) della natura, quando poi ci troviamo ad avere a che fare con altre parti di essa finiamo per litigarci. Cinghiali, lupi, orsi, quella serpe del nostro collega che stacca da lavoro prima al venerdì per andare in montagna per il fine settimana. Modellizziamo il mondo come componente antropica - io, tu, voi, noi - e componente “selvaggia”, quella che vive lontano dalle nostre città e che prende le olive dal vassoio degli aperitivi senza usare gli stuzzicadenti; quella bella da vedere nei documentari ma appena prova ad avvicinarsi scatta l’ordine di abbattimento. Il nostro fastidio per queste interazioni è figlio di un’ideologia, questa sì, che però non ha nulla di ambientalista. Ideologia che si immagina l’uomo al centro di tutto e il resto dispensa. Ideologia che, parafrasando Stefano Mancuso, ci fa battezzare organismi e habitat ecologici in risorse, per cui le mucche sono vacca, i maiali porco, le galline pollame, scusi ma non c’è niente di vegetariano qui? Se vuole abbiamo degli alberi, le trova a pagina due del menù. Alla voce “legname”.
Lo scorso martedì è passata al Parlamento europeo una legge che ruota intorno a questo binomio ideologico. Si chiama Nature Restoration Law e porterebbe in sede ai governi dei Paesi UE obiettivi vincolanti per ripristinare la natura, intesa tanto come casa quanto come coinquilini del nostro Vecchio Continente. “Ripristinare” significa fare tornare gli ecosistemi degradati, distrutti o danneggiati, che in Europa sono l’81%, a funzionare. Ha qualcosa di magico, questa parola. Sa di quando in Cucine da Incubo lo staff del ristorante torna e trova tutto nuovo, le pentole nuove, le tovaglie nuove, l’insegna nuova. Con però le foreste, gli insetti impollinatori, le zone umide. E Ursula von der Leyen al posto di Cannavacciuolo.
Non è stata una legge facile da fare passare, e rispetto alla prima versione di qualche mese fa, quella del 27 febbraio è annacquata da tonnellate su tonnellate di letame degli agricoltori in protesta e attacchi su attacchi della destra populista. La stessa che inveisce contro gli ambientalisti chiamandoli “ideologici”, un’accusa diventata proiettile d’argento contro ogni policy a difesa e ripristino del mondo. Ma che è falsa due volte: la prima, perché si decora di pragmatismo quando semplicemente non ha fatto i compiti di scienze; la seconda, perché si nasconde dietro la propria, di ideologia, cioè quella della crescita economica indefinita. Ci pensavo seduto su un cumulo di neve al lato di un rifugio alpino, proprio nel mio weekend. Osservavo la gente sugli sci, le seggiovie, le reti arancioni, la musica italiana di inizio anni 2000 sparata in cielo come nemmeno una preghiera a Dio, come nemmeno le nuvole avessero bisogno di sentire la voce citofonica di Max Pezzali per decidersi a scaricare l’acqua che è mancata fino a febbraio. Seduto su quel cumulo di neve, col dubbio per altro che fosse artificiale, pensavo a quanta ideologia avesse trasformato la montagna in questo futuro fantasma di Vacanze a Cortina. A quanto ambientalismo servirebbe per ripristinarne la natura. Ed è lì che ho notato un alberello farsi forza tra il manto bianco. Quando crescerà, mi sono chiesto, vedrà la neve? O più che ideologia, per lui sarà solo una vaga idea?
Questo era Ride verde chi ride ultimo!
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Alla prossima settimana!
Mattia
Comunque le olive prese con le dita hanno tutto un altro sapore