15 minuti di follia (parte 1)
Ride verde chi ride ultimo, la rassegna di riflessioni, notizie e pensieri comici sulla crisi climatica e ambientale.
Ciao👋Questa settimana inizio a raccontarvi di una storia che sembra folle, e lo è, ma che è anche molto importante per capire i tempi che corrono. Parla di quartieri a misura d’uomo, di complotti internazionali e negazionismo climatico, di maschilismo social e dei nostri dittatori preferiti!
Durante la prima fase del potere nazista in Germania, nei salotti delle famiglie ebraiche borghesi girava una barzelletta:
Su un palco c’è Hitler che arringa la folla:
«…ed è per questo che tutti i mali della Germania sono colpa degli ebrei!»«E dei ciclisti!» urla una voce dal pubblico.
«Perché dei ciclisti?» risponde Hitler.
«E perché degli ebrei?» ribatte la voce.
Noi esseri umani siamo bravissimi a crearci dei nemici immaginari, ma spesso è qualcun altro a farlo per noi. Senza nemmeno rendercene conto ci troviamo a masticare slogan sentiti da altri, a sostenere posizioni sostenute da altri, a provare rabbia e paura per cose che altri dicono che potrebbero succedere se non ci ribelliamo subito. Ma poi chi sono questi altri? Ah non lo so, prova a chiedere a quel tipo là coi baffetti alla Chaplin.
Un mese fa parlavamo della guerra civile americana dei fornelli a gas, un caso montato ad arte dall’industria del fossile per difendere la propria permanenza nelle case dei cittadini. Costruito sulla storiella che burocrati governativi stessero per entrare nelle loro case per privarli di una delle più fondamentali libertà dell’essere umano, ossia cucinare col gas. Un diritto al pari di quello all’autodeterminazione, alla felicità e al farsi gli affari dei colleghi sulle storie Instagram.
Da qualche settimana, nel mondo anglosassone dilaga una nuova, simile isteria. Sui social rimbalzano messaggi che denunciano un complotto globale orwelliano, una macchinazione tipo Hunger Games che incontra il Truman Show ma lo saluta di fretta perché ha la spesa in macchina. E l’oggetto di questo terrificante piano distopico è ancora più inaspettato dei fornelli a gas: si tratta, questa volta, delle ZTL.
Tutto è iniziato ad Oxford lo scorso febbraio. Il consiglio della contea ha deliberato di istituire zone a traffico limitato (nel gergo inglese low traffic neighbourhood, o LTN) per ridurre il flusso di auto, e il conseguente degrado della qualità dell’aria, in certe parti della Oxfordshire. Una sorta di Area C di Milano, con telecamere, multe e deroghe. Le solite cose. “Facile” si sono detti. “Cioè, easy” perché in effetti parlano inglese.
Tuttavia un manipolo di persone l’ha presa malissimo. Con cartelloni e cori, duemila manifestanti si sono radunati nel centro della città per denunciare il tentativo del consiglio di istituire, a detta loro, “ghetti per un controllo tirannico”, un “inferno distopico” voluto dal World Economic Forum, una “cultura della sorveglianza di cui Pyongyang sarebbe invidiosa”, anche se poi quando gliene offri un po’ fa come la volpe con l’uva e dice di non volerla più. Dalle strade di Oxford, questi slogan sono immediatamente sfociati sui social, e da lì hanno percorso l’Atlantico accendendo fiammelle di proteste gemelle tra il Canada e gli Stati Uniti. Arrivando infine sulle bocche di politici, opinionisti e giornalisti di destra.
Ma andiamo con ordine. Partiamo da un presupposto su cui spero di trovarvi d’accordo: se la giunta della tua città ti mette una nuova ZTL, tu non è che scendi in piazza a manifestare. Al massimo non raccogli più la cacca del cane ai giardinetti della biblioteca. Ma arriveresti mai a incolparla di essere l’organizzatrice di un grande piano internazionale per la soppressione delle tue libertà individuali? Probabilmente no, a meno che tu ti sia appena fatto il SUV.
Però succede che la cosa degli LTN inglesi sia stata inquadrata nel concetto più ampio della “città dei 15 minuti”, un emergente modello urbanistico che si basa sulla riprogettazione dei quartieri per consentire una quotidianità senza auto. La città dei 15 minuti, in estrema sintesi, è un modo di pensare alle nostre città con al centro lo spazio per l’essere umano. È l’urbanista franco-colombiano Carlos Moreno, il Toni Servillo del city planning, a coniare il concetto nel 2016, ed è la sindaca di Parigi Anne Hidalgo a provare a concretizzarlo nei suoi due mandati. L’idea è semplice: invece che continuare ad avere città divise per funzioni, dove qui si dorme, lì si lavora, là c’è la parte di svago, si potrebbero rivedere le logiche di quartiere per fare in modo che il grosso dei servizi e dei beni necessari nella quotidianità del cittadino si trovi a distanza di un quarto d’ora massimo, a piedi o in bici, rispetto a dove abita. L’obiettivo è scardinare l’essenza di “luogo di passaggio” della città, che oggi mettono al centro gli spostamenti delle automobili, e ripensarle invece come “luogo di permanenza”, un luogo in cui non hai bisogno di spostarti costantemente perché ciò che ti serve è vicino a te. Grazie alla prossimità della città dei 15 minuti si guadagna tempo di vita, si risparmiano patemi d’animo per coincidenze dei treni mancate o per lo stress dell’imbottigliamento al semaforo, si liberano aree di quartiere per parchetti, panchine e attività commerciali, e si evitano inutili emissioni di gas serra, di inquinanti e di bestemmie a tutti i santi del calendario. Benefici enormi, che sanno d’altri tempi, di una vita più semplice e più tranquilla. Soprattutto per i santi.
Benefici ovvi che metterebbero d’accordo chiunque, verrebbe da dire. Ma al condizionale.
Perché infatti agli occhi dei “no-LTN”, la città dei 15 minuti è la città del controllo. La loro logica vuole che se non avrai più interesse a spostarti in auto, il governo non ti farà più uscire dalla città. Se tutto sarà a portata di quindici minuti a piedi, i poteri forti ti impediranno di camminarne sedici.
“E io che cammino adagio?”
“Si procuri un girello, nonna.”
Nella loro teoria, la visione di una città fatta di quartieri in cui è possibile vivere, imparare, svilupparsi stando bene, muovendosi e respirando in sicurezza, viene distorta e trasformata in un piano segreto per rinchiuderci tutti e tutte in “lockdown climatici”, ossia in uno stato di isolamento perpetuo imposto dall’alto con la scusa della crisi ecologica. Che è un po’ come dire che IKEA stia pianificando di costringerci tutti ai domiciliari vendendoci salotti confortevoli a basso prezzo.
La città dei 15 minuti rientra sicuramente in quella lista di proposte di riprogettazione della nostra società in chiave sostenibile di cui abbiamo bisogno. Una riprogettazione che ci chiede di rivalutare alcuni aspetti che noi, nell’ultimo secolo, abbiamo dato per scontato. È una richiesta sfidante che facciamo a noi stessi. Come impegnarsi ad andare in palestra tre volte alla settimana. Non solo è sfidante, anzi, ma fa proprio paura. Come impegnarsi ad andare in palestra tre volte alla settimana e fare anche gambe.
Che sia per fatica o per paura, qualcosa sta succedendo. Una parte dell’opinione pubblica tende sempre più spesso a vedere in ciascuna di queste proposte di costruzione di un mondo vivibile l’espressione di un tentativo sottocutaneo di imporre una visione del mondo bramata da una sfera sociale elitaria, intellettualoide e sinistroide. La sfera di quelli che prima erano sbeffeggiati come radical chic e che ora sono bollati come ambientalisti ideologici. Una trama politica che, nelle visioni più estreme e complottiste, assurge addirittura a una dittatura ecologista internazionale. E questo è il pensiero di chi, da Oxford a Twitter, si è convinto che gli LTN siano uno dei primi step di una vera e propria agenda globale che mira al furto delle libertà personali e che vorrebbe vederci ingabbiati, sotto controllo, schiavi. Un’agenda da combattere a ogni costo per evitare l’avvento di uno stalinismo verde, di cui Greta Thunberg, Biden e l’Europa sono pedine. In alluminio 100% riciclabile.
Ce lo vedete voi Stalin che obbliga le persone a farsi le passeggiate al parco con la borraccia, a fare cicloturismo e a comprare frutta e verdura bio? Se questo fosse stato il pensiero dominante durante il regime sovietico, la Chiesa non avrebbe mai sviluppato la leggenda dei comunisti che mangiano i bambini, perché quei comunisti sarebbero stati sicuramente vegani. In una Repubblica Popolare Cinese Green, Mao sarebbe sì passato alla storia come l’artefice della morte di milioni e milioni di persone, ma i libri ci ricorderebbero ancora oggi che come faceva la raccolta differenziata lui, guarda… un cinese su un miliardo!
Eco-dittatori a parte, questa storia di Oxford ci indica qualcosa di più profondo, riguardo ai tempi corrono. Com’è possibile che teorie del complotto tanto assurde arrivino ad essere usate da figure politiche? Perché i media di destra promuovono gli stessi dubbi di uno sparuto manipolo di manifestanti paranoici? Non è che forse, e dico forse, questa controcultura anti-ambientalista faccia gli interessi di chi, dalla crisi climatica e ambientale, ancora qualcosa da guadagnare ce l’ha?
Proveremo a capirlo insieme settimana prossima!
Via con la rassegna di notizie lievemente riadattate.
📰 Breaking le news
Clima, la temperatura aumenterà di un grado entro il 2100 solo a causa del cibo (Repubblica). C’è proprio bisogno di usare così tanto il forno?
Perché le compagnie aeree vogliono far pagare ai passeggeri il passaggio ai combustibili ricavati dall'olio delle friggitrici (Washington Post). A loro discolpa, ci avevano detto subito che non avevano voglia di McDonald’s.
Perché conviene a tutti il ritorno della lince (Repubblica). Storia di un felino con le casse Bluetooth.
ll cambiamento climatico ai Tropici fa calare la produzione di caffè e i prezzi salgono (The Guardian). A Napoli il caffè sospeso verrà sostituito da un bigliettino con su scritto: “Ma sì dai, basta il pensiero.”
Sugli oceani galleggiano 171mila miliardi di frammenti di plastica (LifeGate). Le parole di chi li ha contati tutti: “Ci ho messo una vita perché continuavano a muoversi.”
La BBC non manderà in onda un documentario di David Attenborough che parla di distruzione ambientale per paura di ritorsioni dalla destra (The Guardian). Al suo posto, andrà in loop l’esibizione di Blanco a Sanremo.
Sudata fredda:
La polizia tedesca impara a staccare gli attivisti che si incollano (Repubblica). Soddisfatti gli insegnanti di sostegno.
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Mattia