Chi vuol essere triliardario?
Ride verde chi ride ultimo - Cosa è successo nella prima settimana di COP29 a Baku
Il tempo vola, quando ci si diverte. Purtroppo, lo fa in jet privato.
Siamo a metà COP29 😰 Vediamo allora come sta procedendo la conferenza sul destino del pianeta, poi qualche newsettina, la soluzione al quiz di due puntate fa e un premio importante per la narrativa climatica!
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Si sta chiudendo la prima settimana di COP29 a Baku
Tra i grossi palazzi della capitale azera, che per forma richiamano le fiamme dei pozzi di gas e petrolio da cui il Paese trae la sua ricchezza, la società civile presente alla conferenza mondiale sul clima respira un’aria da stazione di servizio. Non aiuta che ogni volta un delegato finisce il proprio intervento, un inserviente in tuta da lavoro si offra di controllargli olio e pressione delle gomme.
C’è chi trova l’odore di benzina piacevole, tipo il padrone di casa: nel suo discorso di benvenuto, il dittatore presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ha definito i combustibili fossili “un dono di dio.” Ma non sarebbe stato meglio una semplice smartbox?
Tolto un primo, ambiguo risultato ottenuto con la messa a punto di un regolamento per i crediti di carbonio e per il loro mercato (abusato, greenwashato, sotto inchiesta più volte), questa COP29 resta come un qualsiasi trentenne a metà mese, cioè in attesa dei soldi. Il traguardo di questo summit è infatti: capire se verrà mobilitato il triliardello e tre (1.300.000.000.000 di dollari) in finanza climatica, necessario per proteggere il mondo intero dagli eventi estremi e comprare finalmente quella libreria dell’IKEA che ci piace tanto; capire in che forma verranno distribuiti i soldi una volta trovati, se come prestiti, fondi perduti o lasciati semplicemente negli altri pantaloni. È sulla base di questo che stabiliremo il successo di COP29, che è stata definita, non a caso, “la COP della finanza climatica”. Anche se la delegazione danese si era persa la mail in cui lo dicevano, e si è preparata a un altro tema: ora, ogni volta che i tavoli negoziali a cui partecipa arrivano a un punto morto, la vedi scuotere la parrucca color arcobaleno e spruzzare acqua dal fiore all’occhiello. Comunque, per ora i negoziati sul grosso contenitore finanziario - che tecnicamente si chiama New Collective Quantified Goal (NCQG), o più ufficiosamente Il Soldazzo - sono fermi su un documento di 33 pagine piene di idee, ipotesi, alternative. 33, due in meno delle 35 iniziale di lunedì, 31 più di quel documento che sarebbe considerato accettabile a fine summit. Magari alla fine proveranno a chiedere a ChatGPT di riassumerlo.
La fretta purtroppo è pressante: nuovi dati, pubblicati in questi giorni dal Global Carbon Project, dicono che le emissioni da carbone, petrolio e gas nel 2024 saliranno dello 0,8% invece che scendere di quel 43% che ci serve tagliare entro il 2030. A Dubai avevamo promesso di “transitare lontano” dall’energia sporca, a quanto pare stiamo ancora prendendo la rincorsa. Tra le grandi economie occidentali, solo il Regno Unito si è presentato con un nuovo piano climatico ambizioso in vista del rinnovo degli impegni che sarà richiesto alle parti l’anno prossimo: -85% emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990. Il primo ministro Keir Starmer lo ha introdotto spiegando che non c’è sicurezza nazionale, né economica, né globale senza sicurezza climatica. “Tranne che con NordVPN!” ha aggiunto, ma solo per fare contento lo sponsor. L’impegno inglese è in linea con quanto gli hanno consigliato gli esperti del Climate Change Committee, e colpisce soprattutto perché dall’altra parte dello spettro la nostra prima ministra, Giorgia Meloni, si è presentata opponendo le sue ideologie alle indicazioni di chi studia la materia, sbrodolando di "neutralità tecnologica” invece che i necessari investimenti sulle rinnovabili, “pragmatismo e realismo” invece che le azioni urgenti di mitigazione e adattamento, crescita e nazionalismo invece che equilibrio e cooperazione. Insomma, anche lei in linea ma con le destre occidentali contemporanee. Totalmente ascientifiche, ma facili da superare sulle scale mobili.
C’è gente? Ferdinando Cotugno, che queste COP se le fa tutte peggio di un cosplayer al Lucca Comics & Games, spiega che nonostante l’apparente disillusione circa le conferenze sul clima, questa edizione registra oltre 60 mila presenze, di cui oltre 3500 giornalisti. Li riconosci, perché sono quelli travestiti da personaggi di One Piece. La presenza più improbabile è stata indubbiamente quella di Ronaldinho, arrivato con un jet privato in rappresentanza onoraria per COP30 che si terrà in Brasile, ed espulso dopo appena qualche ora a seguito di un brutto fallo sulla prima ministra delle Barbados Mia Mottley.
Ci sono anche 1773 lobbisti dell’industria fossile, molti più del totale dei delegati dei 10 Paesi più vulnerabili agli eventi estremi. In parte per questa ragione, alcuni dei più grandi nomi della diplomazia e della scienza climatica stanno chiedendo all’ONU di ripensare profondamente alla struttura e all’organizzazione delle COP. Loro che hanno contribuito a crearle e renderle appuntamenti imprescindibili per la storia umana fin dall’inizio hanno scritto una lettera aperta con alcune proposte. Figuratevi la confusione del postino, che non sa davvero a chi consegnarla. Speriamo però lo faccia presto, perché tra Stati dittatoriali e impatti enormi di questi maxi eventi, la credibilità dei summit inizia a scricchiolare. Soprattutto quest’anno, considerando che Baku è la culla stessa del nostra rapporto con il petrolio. Quasi che, più che una lettera, ci sarebbe bisogno di Annamaria Franzoni.
Eh sì, e poi?
Il Monte Fuji senza neve a inizio novembre, non succedeva da almeno 130 anni (un mio video). Ma intanto la Lidl locale ha già messo fuori i prodotti di Natale 2026.
È “virtualmente certo” che il 2024 sarà l’anno più caldo di sempre, il primo oltre il grado e mezzo (Materia Rinnovabile). Fraintendono gli scettici: “Lasciate perdere i videogiochi e tornate nel mondo reale!!!”
Una rara specie di api in via di estinzione fa cancellare il piano di Meta per la costruzione di un data center IA alimentato da energia nucleare (Wired). A quanto pare, anche le macchine non hanno ancora imparato che se stai fermo, non ti punge.
Boom di jet privati, gli ultra-ricchi li usano come taxi (BBC). Il problema è quando, una volta atterrati a destinazione, non ti accettano la carta.
L’inquinamento da plastica sta cambiando i processi dell’intero pianeta (Guardian). Ma anche naso, labbra e zigomi non sono più quelli di prima.
È stata scoperta la più estesa colonia di coralli al mondo (National Geographic). Si trova nelle Isole Salomone, è enorme e ha 300 anni. Ma con l’età capita di inchiattirsi un pochetto, dai!
SUDATA FREDDA
Adattarsi ai fenomeni estremi è possibile, ma servono investimenti (A Fuoco). È per questo che il ministro Salvini ci tiene tanto a togliere i limiti di velocità.
🎲 Sosteniquiz!
La domanda di due settimane fa era: “Perché questa foresta è a forma di impronta digitale?”
Risposta giusta: È più comoda per i taglialegna
Perché in realtà non è una foresta vera, ma una monocoltura di alberi di eucalipto. La gestisce un’azienda finlandese in Uruguay per farne legname, polpa e altri prodotti, forse anche come trappola per i koala, che ne so. L’azienda pianta alberi dove prima c’era un habitat diverso (prateria) e ne ricava materiale commercialmente utile. Lo fa seguendo le curve di livello, quelle linee che determinano i punti che hanno la stessa altitudine, agevolando le operazioni di raccolta e dando alle piantagioni questa forma innaturale ed ecologicamente priva di vita. È il rischio che si annida dietro i progetti di afforestazione, una pratica che troppo spesso viene confusa con la riforestazione, che invece consiste nel rigenerare le foreste primarie. Le quali, almeno, non lasciano ditate che si vedono perfino dai satelliti.
👏 Questa era difficile, solo il 45% di voi ha indovinato!
💭 Settimana prossima una nuova domanda, non mancate!
🍿 Un pop di clima qua?
Orbital, il libro di Samantha Harvey che questo martedì ha vinto il Booker prize 2024, parla di un manipolo di astronauti che dalla Stazione Spaziale Internazionale osserva la Terra e gli stravolgimenti climatici che sta subendo, tra cui un enorme tifone che si abbatte sull’Asia. E la domanda che questi sei umani non riescono a smettere di farsi, guardandolo da lassù, alla frontiera tra pianeta e spazio, tra casa e infinito, è una e una soltanto:
“Ma io avrò chiuso le persiane?”
Ciao, io sono Mattia Iannantuoni e questa è la fine di Ride verde chi ride ultimo, la rassegna di riflessioni, notizie e pensieri comici sulla crisi climatica e ambientale.
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Alla prossima settimana!
Mattia