Polpette avvelenate
Ride verde chi ride ultimo, la rassegna di riflessioni, notizie e pensieri comici sulla crisi climatica e ambientale.
Ciao👋 Questa settimana sarò sintetico, come la carne.
Il nostro governo ha un grosso problema con la carne in vitro. Dovrebbe provare con la carta di giornale, che non lascia aloni. Al massimo qualche macchia di petrolio.
In questi giorni si parla tanto del provvedimento del Consiglio dei ministri che rende il nostro Paese il primo a dire un secco no alla carne sintetica (e un sintetico sì alla carne secca, ma questa è un’altra storia). Una presa di posizione netta basata sull’opinione – opinione - che i prodotti da laboratorio non garantiscano qualità né benessere. Né, e questo il ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida lo ha detto con orgoglio, “la tutela della nostra cultura e della nostra tradizione.” Ha poi aggiunto che dal mese prossimo chi aggiunge cipolla alla carbonara verrà processato per direttissima.
Il provvedimento contro la carne sintetica impone a tutti gli effetti una proibizione. E non una di quelle blande, tipo i tendoni che nei negozi di film a noleggio di una volta servivano a impedire ai bambini di accedere alla sezione dei film su come si fanno i bambini. Saranno addirittura i carabinieri a occuparsi di controllare eventuali violazioni e illeciti, con multe dai dieci ai sessantamila euro per chi dovesse venire sgamato in possesso di una crocchetta di pollo coltivato, anche se solo per spuntino personale.
“E questo ketchup?”
“Lo sto tenendo per un amico, lo giuro!”
Seppure in famiglia Meloni ci si ripeta di quanto questo provvedimento “ponga l’Italia all’avanguardia”, vale la pena dare un’occhiata a cosa succede davvero nel mondo della carne sintetica. Intanto, cos’è? Non vi nascondo che su questo tema ho sbattuto molto la testa quando facevo ricerca nell’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano, e all’epoca ho stressato ai limiti dell’umano i miei responsabili scientifici perché mi permettessero di indagarlo. Se solo avessero saputo che bastava votare Fratelli d’Italia per farmi stare buono...
La carne “sintetica”, conosciuta anche come “cultured”, “lab-grown”, “coltivata”, “clean”, o più semplicemente Tamara per gli amici, è carne a tutti gli effetti che invece di essere tagliata dalla carcassa di un animale (morto) viene direttamente sviluppata come pezzo fatto e finito, con tanto di bollino del 20% di sconto alla cassa. Un’idea che sembra futuristica e in parte lo è, visto che sfrutta le innovazioni tecnologiche degli ultimi anni nel campo della medicina rigenerativa, quella branca biomedica in grado di ricreare gli organi partendo dal DNA del paziente. Tipo che ti possono creare un terzo orecchio da cui finalmente non potrai più fingere di non sentire, quando ti chiedo un favore.
Ma non è un’idea totalmente nuova. Pensate che Winston Churchill in un articolo del 1931 su Strand Magazine scriveva: "Con una maggiore conoscenza dei cosiddetti ormoni, cioè dei messaggeri chimici presenti nel sangue, sarà possibile controllare la crescita. Sfuggiremo all'assurdità di coltivare un pollo intero per mangiarne il petto o l’ala coltivando queste parti separatamente in un substrato adatto.1" La sua previsione era che l’umanità ci sarebbe riuscita di lì a cinquant’anni. Gli scienziati ce ne avrebbero messi ottantadue, ma solo per via di tutto il tempo perso a discutere sulla scelta dei contorni.
Churchill avrà sbagliato il quando, ma ha più o meno azzeccato il come. La carne coltivata si fa partendo da poche cellule satelliti prese da un animale, che vengono poi fatte proliferare all’interno di bioreattori contenenti un siero nutritivo. Le cellule crescono esponenzialmente e si differenziano in muscolo, grasso o tessuto connettivo. La produzione si chiude poi con la strutturazione e modellazione in architetture molto simili a quelle naturali. Così, da poche cellule a manzo fatto e finito. Il tutto senza doversi sorbire le paturnie adolescenziali e brufolose che rendono certi vitelloni teenager un vero zoccolo in culo.
La porta sul mondo dei prodotti cultured è stata aperta dal dott. Mark Post dell’Università di Maastricht, che nel 2013 presentò al mondo il primo hamburger interamente coltivato in laboratorio. Il costo di produzione, considerando tutti i fondi impiegati in ricerca, era stato di 330 mila dollari. La bella notizia fu ovviamente che coltivare prodotti animali sintetici era davvero nelle nostre abilità tecnologiche. La brutta, che il conto aveva promesso di pagarlo Churchill.
Da quel momento, al dott. Post e la sua startup Mosa Meat si sono aggiunte diverse nuove aziende che stanno facendo progredire la tecnologia di coltivazione delle proteine animali. Memphis Meats, ora Upside Foods, è tra i nomi più noti del mondo della carne coltivata: ha prodotto la prima polpetta da laboratorio nel 2015 e il primo pollo coltivato della storia nel 2017, ma dalla cucina fanno sapere che per il risotto ci sarà da aspettare ancora una decina di minuti. Nella bay area di San Francisco sono circa 80 le startup che stanno lavorando oggi sulla coltivazione di carne, pesce, uova e latticini. Dal 2020 si è vista un’ondata di investimenti da 2 miliardi di dollari. E secondo alcune analisi, il mercato dei prodotti da laboratorio potrebbe arrivare a valerne 25 entro la fine di questo decennio.
Ad oggi, Singapore è l’unico posto dove questo tipo di carne è già in commercio. La produce Eat Just, che propone le sue crocchette di pollo sintetico in oltre 1800 ristoranti. La reazione di chi le prova è sempre la stessa:
“Non saprei dire se sa di pollo, ma di sicuro sa di crocchette di pollo.”
Singapore presto non sarà l’unico Paese in cui si potrà mangiare carne coltivata, poiché lo scorso novembre la Food and Drug Administration americana ha dato la prima approvazione alla californiana Upside Foods, che inizierà ad arrivare nei ristoranti quest’anno e nei supermercati entro i prossimi cinque.
Quello che si riesce a fare con la coltivazione cellulare è ancora lontano dai tagli di carne più pregiati. È complesso dare una struttura simile a una bistecca con l’osso, per esempio, e i prodotti si limitano alle forme più semplici, come nugget, hamburger, polpette, pezzetti informi di tonno e salmone. Ci sono però realtà che si avventurano su strade parecchio interessanti, come l’australiana Vow che questa settimana ha svelato al mondo la sua polpetta di mammut. Il team di Vow l’ha creata a partire dal sequenziamento del DNA in collaborazione con Ernst Wolvetang dell'Australian Institute for Bioengineering dell'Università del Queensland. Anche se avrebbero potuto chiedere tranquillamente a mia nonna, visto che nella sua ghiacciaia ci sono robe che risalgono al Pleistocene.
Lo stop alla carne sintetica, in Italia, arriva molto prima che la carne sintetica stessa. Ma appena qualche giorno dopo la decisione del governo di relegare i nuovi prodotti a base di insetti, recentemente normati in Europa, su scaffali separati. Assicurando però che non si tratta assolutamente di una misura discriminatoria, come ha poi ribadito Lollobrigida all’inaugurazione del primo scaffale dedicato, intitolato per l’occasione “Scaffalone dello schifommerda”. Perché insetti sì e carne sintetica no? “I cibi sintetici mettono in discussione il rapporto fra uomo e natura” ha voluto chiarire il ministro. La natura, in questa accezione, è intesa come quel magnifico giardino dell’Eden dove l’uomo e la donna possono camminare sereni sgranocchiando una manciata di farfalle, dando un paio di sorsi ai figli mai nati delle galline, giocando a muretto con i polpi e sparando in testa alle mucche mentre si divertono a rimettere in scena le loro scene preferite di Gomorra.
Lollobrigida ha ragione a dire che la carne sintetica ci obbliga a rimettere in discussione il rapporto tra uomo e natura, ma ne travisa il punto. Questo affanno a creare carne, pesce, uova e latticini da poche cellule non è figlio della hybris degli scienziati che vogliono giocare a fare Dio, anche perché da quando al Mediaworld sono tornate disponibili le PS5 risulta più semplice comprarsi l’ultimo God of War. Ma è un compromesso pragmatico. A seconda di come si calcola, si stima che tra un quarto e un terzo delle emissioni totali di gas serra derivino dal nostro sistema alimentare. In questa porzione, più di metà delle emissioni sono legate all’allevamento animale, che richiede lo sfruttamento di larghissime fette di suolo, l’impiego di grandi quantità di fertilizzanti, di acqua, di energia. E poi c’è sta cosa che le mucche e gli altri animali della fattoria si fanno i viaggetti brevi col jet privato quando il contadino dorme, che io proprio non mi spiego.
La carne coltivata non ha bisogno di rubare spazio alle foreste e impiega pochissime risorse come input. Solo l’energia è usata in modo intensivo. Ma i pochi studi speculativi a nostra disposizione fanno ben sperare che la tecnologia, maturando, possa diventare più efficiente. E dalla comparazione sugli impatti ambientali con la carne tradizionale, quella sintetica appare più in equilibrio con l’ecosistema, soprattutto all’aumentare del mix di rinnovabili e fonti energetiche a zero emissioni.
La carne coltivata sembra proprio essere una delle possibili soluzioni per aiutarci a rendere più sostenibile il nostro sistema alimentare, soprattutto per coloro che nonostante tutto faticano a transitare verso una dieta prevalentemente vegetale. Ma questo aiutino, noi italiani, dovremo cercarlo all’estero almeno per un po’: da cervelli in fuga a stomaci, nel giro di una legislatura. E mentre il treno inizierà a sferragliare, ci sporgeremo verso la banchina. Troveremo il nostro ministro ancora tronfio che pianifica una sua prossima crociata, tipo obbligare i ristoranti cinesi ad includere nei propri menù almeno un piatto della valtellina. Dietro di lui Coldiretti in visibilio che festeggia la protezione degli interessi degli italici contadini, almeno finché non si ricorda della siccità e quindi torna a chiedersi sconsolata come mai non piova più.
Come tante altre occasioni di ambientalismo ostacolato, questa è una storia di vested interests, di interessi investiti nella società così com’è ora, e di profitti generati dalla distruzione. La parte politica che conserva questi interessi è la stessa che ha lanciato la moda di tacciare di “ambientalismo ideologico” chi ascolta la scienza. Ed è la stessa che si scherma dalla scienza dietro la propria ideologia. D’altronde, dovremmo stupirci che un governo che vuole dirti con chi puoi fare figli, voglia anche dirti cosa puoi o non puoi mangiare? Che poi, se è questa la passione di Lollobrigida, ma perché non fa il dietista? Avrà pure un parente in una qualche palestra disposto a raccomandarlo.
A proposito di vested interests, c’è una storia molto interessante riguardo al report di sintesi dell’IPCC uscito due lunedì fa. Mentre i pochi volenterosi che hanno parlato del report ci hanno aiutato a capire quello che la sintesi ci dice in merito a come sopravvivere su questo pianeta, non si è parlato abbastanza di ciò che è stato tolto dalla versione finale del report e di chi sono le mani che lo hanno fatto. Che, a giudicare dalle tracce sul foglio, aveva appena mangiato Nutella.
Via con la rassegna di notizie lievemente riadattate.
📰 Breaking le news
L’Antartide occidentale ha perso tremila miliardi di tonnellate di ghiaccio in 25 anni (LifeGate). Però quanto si è divertita…
L’ONU approva una risoluzione storica per l’individuazione delle responsabilità nell’emergenza climatica (Icona Clima). Presto verrà introdotto un mega ditone da puntare contro i grandi emettitori durante le assemblee generali.
L'UE alza l'obiettivo delle rinnovabili al 45% (Repubblica). L’Italia a questo punto può solo chiedere aiuto a Gimbo Tamberi.
Il progetto per salvare il cervo italico: 20 esemplari portati in Calabria (Repubblica). Verranno protetti da una famiglia locale in cambio di un amichevole pagamento mensile.
La voce delle piante: registrato il suono che i vegetali emettono quando soffrono per la siccità o i tagli (the Guardian | Rai News). A un primo ascolto si sente qualcosa tipo: “Baffa un mulo, figli di soia!” ma i ricercatori devono ancora perfezionare l’attrezzatura.
Dalla Svizzera all’Ungheria: il viaggio del lupo M237 è la più lunga dispersione mai osservata in Europa (Kodami). Impressionante. Ma intanto del rider con le nostre pizze nemmeno l’ombra.
In Europa stanno tornando i treni notturni (ilPost). Puzzano di alcool e non ci vogliono dire con chi sono stati tutte queste ore.
16 giovani attivisti VS lo Stato del Montana: causa contro l’incostituzionalità dei combustibili fossili (The Map Report). D’altronde i ragazzi sono così, non fai in tempo a condannarli a un futuro disastrato che subito ti portano in tribunale.
Sudata fredda:
Nel negoziato UE sul futuro dell’auto, l’Italia ha sbagliato tutto (Domani). Voleva ottenere l’ok sui biocombustibili, è tornato a casa con tre “fagioli magici”.
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Mattia
In originale: “With a greater knowledge of what are called hormones, i.e. the chemical messengers in our blood, it will be possible to control growth. We shall escape the absurdity of growing a whole chicken in order to eat the breast or wing, by growing these parts separately under a suitable medium.”